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la capanna dello zio tom


a Tom senza testimonii; e dove nol potesse recare a’ suoi intendimenti colle minacce, procrastinar la vendetta.

I puri raggi dell’alba, passando dalla piccola finestra della stanza, illuminavano il giaciglio di Tom, che steso sul letto de’ suoi dolori, ripeteva mestamente bensì, ma con divina fiducia: Io sono il rampollo e la progenie di Davide, il lume e la stella del mattino.

Le rampogne di Cassy, lungi di abbattere il coraggio dello schiavo, gli avevano invece aggiunto forza novella. Ignorava se quello era il suo ultimo dì, ma nell’interno del cuore lo bramava: Quanta gioia gli avrebbe recato l’essere ormai assunto alla beatitudine eterna, a quei luoghi di luce che aveva così spesso vagheggiati ne’ suoi sogni; veder le corone e le palme; udir i celesti concenti dell’arpe; trovarsi in mezzo ai cherubini; contemplare il trono di Dio; bearsi nell’iride cara del paradiso! La voce del suo persecutore non gli era più cagione di paura.

— «Ebbene, figliuolo, come va la salute? — disse Legrée dopo averlo brutalmente percosso col piede. — Te lo diceva io che t’avrei insegnato a vivere! questa lezione ti basta? o ti trovi ancora del buon umore di ieri, e sei tuttavia disposto a seguitar le tue prediche?»

Tom non fece motto.

— «Sciagurato! vorrai tu alzarti, o ch’io ti fracasso del tutto, maledetto bestione?» Così dicendo, gli dava un nuovo calcio.

Debole per le percosse ricevute, e sanguinante di piaghe, Tom fece grandi sforzi per rizzarsi sulla persona; e Legrée, ridendo sguaiatamente, soggiunse:

— «Alla fè, mio caro Tom, che stamane non se’ troppo faceto! Scommetto che ieri sera ti se’ pigltata un’infreddatura.»

Tom era finalmente in piedi, e guardava il padrone rispettoso, ma sicuro di sè.

— «Bravo; eccoti ancora alzato! — diceva Legrée, squadrandolo dal capo alle piante; — certamente non avesti tutto il dovuto. Ma pazienza! ti si pagherà l’usura un’altra volta. Intanto in ginocchio, e chiedimi scusa della tua impertinenza.»

Tom stette fermo.

— «In ginocchio!» gridò il padrone, menandogli addosso la frusta.

— «È impossibile — rispose Tom; — feci quello che reputava mio debito, e che rifarei all’occasione: avvenga che può, non sarò, nè vorrò mai essere crudele.»

— «Ah! ah! tu non sai ancora, che ti possa fruttare questa tua ostinazione. Credi passartela sempre con qualche frustata? T’inganni forte, mio bel figliuolo: io ti farò attaccare ad un albero, e vi ti farò arrostire a fuoco lento. Che te ne pare?»