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la capanna dello zio tom
CAPO XXXVI.
Emmelina e Cassy.
Cassy entrò nella camera, e vide che Emmelina, pallida di paura, giaceva accovacciata nell’angolo più remoto. La giovanetta, sentendo entrar qualcuno, trabalzò; ma vedendo chi era, le corse incontro, e, pigliandola per un braccio, le disse:
— «Siete voi, Cassy? Oh son pur lieta di vedervi! Temeva che fosse egli. — Non sentiste il fracasso orribile che stanno facendo, tutta sera, a piè della scala?»
— «Debbo saperlo — rispose Cassy bruscamente. — L’ho sentito più volte!»
— «O Cassy, ditemi se vi è modo di fuggirmene — in mezzo ai paduli, tra li serpenti, ovunque sia! Dovunque sarà meglio di qui!»
— «Non vi è rifugio che nel sepolcro» rispose Cassy.
— «Non avete mai tentata la fuga?»
— «Vidi molti che l’han tentata, e so a che sono riusciti.»
— «Vorrei vivere in mezzo ai pantani e nutrirmi di corteccie di albero. Non ho paura dei serpenti! vorrei averne uno accanto, piuttosto che quell’uomo» disse Emmelina tutta tremante.
— «Vi sono molti che dividono la vostra opinione — disse Cassy. — Ma non potrete rimaner nei paduli — i cani vi daran la caccia, vi ricondurranno qui, e allora... allora....»
— «Allora che potrà farmi?» chiese la giovinetta, fissandola in faccia tutta affannosa.
— «Chiedete piuttosto cosa non potrà fare — disse Cassy. — Egli ha imparato il suo mestiere tra i pirati nelle Indie Occidentali. Non potreste più chiuder occhio se io vi narrassi cose che ho veduto, — cose che egli stesso talvolta, celiando, suol raccontare. Udii strida tali che per settimane e settimane mi rintronarono nelle orecchie. Là basso, nel quartiere, vi è un posto, dove vedrete un tronco d’albero annerito, abbrustolato, e tutta la terra sparsa all’interno di ceneri. Chiedete a qualcuno cosa si è fatto in quel luogo, e vedrete se ha coraggio di rispondervi.»
— «Oh, che volete voi dire?»