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la capanna dello zio tom
Cassy, inosservata, uscì di camera e corse a sollevare il povero Tom, come poc’anzi abbiamo descritto.
Donde mai proveniva il turbamento di Legrée? E che vi era in quella semplice ciocca di capelli per atterrire un uomo brutale, uso ad ogni sorta di crudeltà? Per ispiegare questo fenomeno, dobbiam narrare al lettore alcuni fatti della vita anteriore di Legrée. Per quanto aspro e scellerato ci paia adesso quest’uomo senza fede, fu pure un giorno allattato dal petto di una donna; cullato tra pie canzoni e preghiere affettuose; la sua fronte, segnata dalla riprovazione, fu pur cospersa colle sante acque battesimali. Nato da un padre crudele, al quale una pia donna avea consacrato, inutilmente, un tesoro di amore, Legrée avea seguito le costui vestigia. Stizzoso, tirannnico, intrattabile, avea sempre deriso i materni consigli, li affettuosi suoi rimproveri; e fanciullo ancora, era fuggito di casa, per andare a cercar fortuna sul mare. Non tornò che una sola volta; ed allora sua madre, con quell’amore che non si stanca mai, che non ha più se non un oggetto ad amare, gli fu intorno con ogni sorta di preghiere, di sollecitudini, per richiamarlo dal malvagio suo vivere, in riguardo almeno all’eterna salvezza dell’anima sua.
Quel giorno, fu il giorno di grazia per Legrée. I suoi buoni angeli lo chiamavano; egli era già quasi convertito, e la misericordia divina gli stendea la mano. Una lotta interna fervea nel suo cuore — il suo mal genio la vinse, ed egli rivolse le forze tutte della rozza sua natura contro la convinzione della propria coscienza. Si diede a bere, a bestemmiare, più dissoluto, più feroce che mai. Una notte, mentre sua madre, prostrata a terra, gli abbracciava le ginocchia, collo spasimo della disperazione, quel tristo la cacciò svenuta per terra, e corse, fieramente bestemmiando, al suo bastimento. Legrée non ebbe mai più notizia di sua madre; finchè una notte, mentre stava giuocando tra compagnoni avvinazzati, gli venne presentata una lettera. L’aperse, ne uscì fuori una ciocca di capelli che gli si avviticchiarono intorno alle dita. Quella lettera gli annunziava che sua madre era morta, e che, morendo, lo avea benedetto, gli avea perdonato.
Vi è una magia del male, potenza tremenda, profonda, che converte in fantasmi di orrore e di paura i ricordi più cari e più sacri. La pallida sembianza di quella madre affettuosa — le sue preghiere di moribonda, il suo amore, il suo perdono, non produssero in quel cuore infernale altro effetto che prodotto non vi avrebbe una sentenza di dannazione, la paura di un tremendo giudizio finale. Legrée abbruciò quei capelli, abbruciò quella lettera; e quando la vide contorcersi, scomparir nelle fiamme, rabbrividì al pensiero del fuoco eterno. Si provò di bere, di darsi buon tempo, per iscacciare quelle memorie; ma spesso, nel profondo della notte, quando una tranquillità solenne costringe l’anima del malvagio a rientrare in se stessa,