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la capanna dello zio tom
Legrée ne segnava il peso su d’una lavagna, accanto al nome di ciascun di essi. Il canestro di Tom fu pesato e approvato; ma egli stava osservando con ansietà dolorosa come sarebbe andata la bisogna per la donna.
Questa infelice, mal reggendosi in piedi per debolezza, si fece innanzi, e consegnò il suo canestro. Legrée si accorse a primo sguardo che la misura era colma; ma tuttavia, fingendosi adirato, le disse:
— «Che mi porti, bestiaccia? non vi è il peso! ritirati, e prepàrati ad esser frustata.»
La donna mise un gemito di profonda disperazione, e andò a sedersi sopra una banca.
Allora si fece innanzi la persona cui chiamammo miss Cassy, e consegnò il suo canestro, con un misto di alterezza e di indifferenza. Legrée la fissò intanto negli occhi con uno sguardo irrequieto e scrutatore.
Ella pure gli gittò gli occhi nel volto, mosse leggermente le labbra, e pronunziò qualche parola in lingua francese. Nessuno l’intese: ma la faccia di Legrée si compose, mentre ella parlava, ad una espressione veramente infernale; sollevò egli la mano in atto di percuoterla — atto cui ella, allontanandosi, gittò uno sguardo di fiero disprezzo.
— «Ora, vien qua, — Tom — disse Legrée. — Come già ti dissi, non ti ho comprato per metterti ad un lavoro ordinario; intendo promuoverti, crearti ispettore; e potrai cominciare di questa stessa sera. Trai a te quella donna, o dàlle la frustata; devi aver già veduto abbastanza per conoscere questo mestiere.»
— «Padrone, vi chieggo scusa — disse Tom; — spero che il padrone non vorrà condannarmi a un tale uffizio. Non vi fui mai avvezzo, nè potrò mai avvezzarmici.»
— «Ti sarà forza in questo luogo imparar molte cose, che per l’addietro non hai mai fatte!» disse Legrée, dando di piglio ad una frusta, percuotendone fieramente Tom a mezzo il volto, e raddoppiando colpi a colpi.
— «Ora — fermandosi per ripigliar fiato — oserai dirmi che non vuoi farlo?»
— «Sì, padrone — rispose Tom portando la mano al volto per rattenerne il sangue che gli inondava le guancie. — Voglio lavorare giorno e notte, lavorar finchè ho fiato; ma sento che non debbo far questa cosa, perchè è ingiusta; e, padrone, non la farò mai, mai!»
Tom aveva una voce soavissima e modi pieghevoli; ciò che avea fatto credere a Legrée che fosse di poco animo e facile a domarsi. Mentre Tom pronunziava quelle ultime parole, tutti gli astanti maravigliarono; la povera donna strinse le mani, esclamando: «o Signore!» e tutti si guardarono l’un l’altro involontariamente, aspettando in doloroso silenzio lo scoppio della tempesta.