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la capanna dello zio tom
I dolci, tranquilli raggi della luna delineavan l’ombra della interriata su quelle povere creature giacenti a terra. La madre e la figliuola si misero a cantare un inno selvaggio, melanconico, specie d’elegia funebre molto in uso tra i Negri.
Dove è Maria dolente? |
Queste parole, cantate da voci d’una dolcezza malinconica particolare, con tale espressione che parea il sospiro del dolore verso le speranze del cielo, risuonavano con patetica cadenza tra le oscure pareti del carcere.
Sila e Paolo or dove sono? |
Cantate, povere anime! la notte è breve, e il mattino vi dividerà per sempre.
Ed ecco aggiorna, ciascuno è desto; il degno sig. Skeggs è tutto lieto e affaccendato per preparare un bel lotto da porre all’incanto. Sorvegliava la conciatura delle schiave; ordina a tutte di mostrarsi allegre e sorridenti; le fa schierare a cerchio per meglio esaminarle, prima di condurle seco alla Borsa.
Il sig. Skeggs, col suo cappello tessuto di foglie di palma, col sigaro in bocca, bada a tutto, da sesto a tutto, con precisione ed accorgimento.
— «Che è ciò? — chiese egli, fermandosi dinanzi a Susanna ed Emmelina; — che hai fatto de’ tuoi ricci, ragazza mia?»
La fanciulla diede timidamente un’occhiata alla madre, la quale, colla accortezza che è tutta propria della sua razza, rispose:
— «Le dissi questa notte di spettinarsi; un’acconciatura libera è più conveniente.»
— «Sciocchezze! — gridò l’uomo volgendosi risoluto alla fanciulla. — Va subito là, e ricomponi i tuoi ricci — ricominciò a dire, scuotendo il frustino che tenea in mano — e torna subito. Tu va ad aiutarla — soggiunse alla madre; — que’ ricci possono fare una differenza di cento dollari nel corso dello incanto.»