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la capanna dello zio tom


— «Sono tutti tuoi, papà — rispose la fanciullina sorridendo anch’essa; — tutti tuoi e di mamà; e potrete darne alla cara zia quanti ne vuole. Solamente ho voluto darne io stessa a quella povera gente, perchè sai bene, papà, quando io più non vi fossi, potrebbero essere dimenticati, e perchè sperai che ciò li farebbe più ricordevoli di me. Tu sei cristiano, non è vero, papà?» chiese Eva con aria dubbiosa.

— «Perchè me lo chiedi?»

— «Nol so; tu sei buono, nè potrei comprendere come tu non possa essere cristiano.»

— «E che importa l’esser cristiano, Eva?»

— «Amar Cristo sopra tutto.»

— «E tu l’ami a questo modo Eva?»

— «Certo che sì!»

— «Ma non l’hai mai veduto» disse Saint-Clare.

— «Ciò non fa differenza — soggiunse Eva. — Io credo in lui, e tra pochi giorni lo vedrò.» E quel volto infantile si infiammò tutto nella santa sua gioia.

Saint-Clare non aggiunse parola. Si ricordò che sua madre avea li stessi sentimenti; ma nessuna corda vibrava nei suo cuore.

Eva, da quel giorno, declinò rapidamente; non v’era più dubbio sull’evento; l’amor più tenero non potea illudersi. Quella bella sua camera dovea ben presto divenire una stanza mortuaria; miss Ofelia compieva giorno e notte i pietosi uffici di infermiera, in modo che non avea mai dato maggior prova della sua attitudine in simili circostanze. Colla mano esercitata, coll’occhio sicuro, sapea prevedere, allestire quanto importava alla comodità, alla mondezza; celar destramente ogni disgustoso accidente della malattia; apprezzare al vero le circostanze, attenersi con chiarezza di idee, compostezza di animo, alle proposizioni dei medici; sorvegliava a tutto, era da per tutto. Coloro che si erano avvezzi a crollar le spalle nel vedere la sua minutezza, la sua precisione così diversa dai modi sbadati degli altri abitanti del mezzogiorno, confessavano che era proprio dessa la persona più acconcia alla circostanza.

Lo zio Tom era spesso nella camera di Eva. Siccome la fanciullina, travagliata, da contrazioni nervose, godea molto in far del moto, Tom nulla tanto desiderava quanto di portare tra le sue braccia quella debole creaturina, adagiata sopra cuscini, su e giù per la camera, o nella verenda; e quando una brezza mattinale spirava dal lago, solea trasportarla sotto gli aranci del giardino, deporla su qualche antico sedile, e cantarle i suoi inni prediletti.

Anche suo padre volea talvolta portarla in braccio; ma le forze non gli reggevano; e quando Eva lo vedea stanco, gli diceva: