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la capanna dello zio tom


— «Lo comprendo, ma non so come ripararvi; io non gli posso restituire la madre, nè amarlo; nè altri il potrebbe.»

— «E perchè no?» disse Eva.

— «Amar Dodo? E potreste voi consigliarmelo? mi piace; ma non potreste nemmen voi amare i vostri servi.»

— «Oh, io sì!»

— «Come!»

— «Non dice forse la Bibbia che dobbiamo amar tutti come noi stessi?»

— «Oh, la Bibbia! siatene certa, dice grandi cose; ma nessuno ha intenzione di metterle in pratica.»

Eva tacque; rimase alcuni momenti cogli occhi fissi e pensierosi.

— «Ad ogni modo, caro cugino — riprese Eva — amate il povero Dodo, e siate buono con lui, almeno per riguardo mio!»

— «Non so chi non amerei, per riguardo vostro, cara cugina; perchè io tengo per fermo che voi siete la creatura più amabile di quante mi abbia vedute mai!»

Ed Enrico pronunciò queste parole con tale un entusiasmo, che le sue guancie si imporporarono. Eva ricevette il complimento con aria di semplicità perfetta, senza nemmeno cambiar colore, e si contentò di rispondere:

— «Sono lieta che pensiate così, caro Enrico; spero che ve ne ricorderete.»

Il campanello che chiamava a pranzo mise termine a questo colloquio.



CAPO XXIV.


Tristi presentimenti.


Di lì a due giorni, Alfredo Saint-Clare ed Agostino partirono; Eva, che si era affaticata, oltre le proprie forze, in compagnia del giovane suo cugino, cominciò a declinare rapidamente. Saint-Clare si indusse finalmente a consultare il medico; cosa da cui aveva sempre rifuggito, perchè era lo stesso che ammettere una verità dolorosa. Ma Eva era così estenuata, che dovette per uno o due giorni, confinarsi in casa, e il medico fu chiamato.

Maria Saint-Clare non aveva posto mente al progressivo deperire della figliuola, perchè era compiutamente assorta nello studiare due o tre nuove forme di malattie, delle quali si credea vittima. Maria avea per principio