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la capanna dello zio tom
risoluta; e tra i particolari più disgustosi, seppe disimpegnar la bisogna con fermezza eroica — sebbene, a dir vero, con un po’ di mal garbo — i suoi principii non poteano ispirarle che sola rassegnazione.
Quando però essa venne a scoprire sulle povere spalle della fanciulla certe callosità e cicatrici, sintomi crudeli del barbaro governo che fino allora se n’era fatto, non potè trattenersi dal fare una lagrima di compassione.
— «Vedete! — disse Giovanna mostrando quelle ferite: — ciò fa fede ch’essa è ben cattiva, e che l’ha gran bisogno d’esser corretta! Costei ci porterà sicuramente disgrazia! Oh perchè mai il padrone ha fatto un sì pessimo acquisto!»
La giovinetta ascoltò tutti que’ commenti malinconica e rassegnata, come persona che vi fosse da lungo tempo abituata; e di tratto in tratto gettava qualche furtiva occhiata agli ornamenti di corallo che fregiavano le orecchie di Giovanna. Vestita che fu alla meglio e rasa de’ capelli, miss Ofelia prese a contemplarla con la soddisfazione di chi ammira se stesso nelle sue opere, e disse: «alla fine essa m’ha viso di cristiano!» Poi ruminando nella mente il miglior sistema a tenersi per educarla, così l’interrogò:
— «Quanti sono i tuoi anni, Topsy?»
— «Io no’l so, madama» rispose la negra facendo tale una smorfia, che lasciò vedere due file di bianchissimi denti.
— «Come? Tu non sai la tua età? Niuno dunque te’l disse mai? — E tua madre chi era?»
— «Ma io non ne ho mai avuta!»
— «Tu non avesti madre? Che intendi dire? E dove sei nata?»
— «Dove? eh! io non sono mai nata.»
Topsy accompagnò queste parole con un’aria di viso così strana e fuori d’ogni costume degli uomini, che, per poco miss Ofelia avesse patito di sentimentalismo, poteva credersi a discorso con un gnomo venuto dalla terra degli stregoni: madama però era molto positiva, e non si lasciò allucinare.
— «Non bisogna rispondere di questo modo, tristarella — continuò miss Ofelia ferma e severa — io non sono qui per bisticciar teco. Rispondi franca, dunque, dove sei nata, e che mestiere era quello de’ tuoi genitori?»
— «Ma se vi dico ch’io non sono mai nata — ripetè Topsy con la franchezza di chi è convinto di ciò che dice — io non ebbi mai nè padre, nè madre, nè altro. Fui allevata a fascio in una ciurma di negri da uno speculatore, e la zia Sue pigliava cura di noi.»
Era evidente che la fanciulla diceva il vero. «Sarà così propriamente — saltò su a dire Giovanna: — gli speculatori comprano negrotti alla rinfusa per farne poscia mercato quando sono cresciuti in età.»