Pagina:La capanna dello zio Tom, 1871.djvu/237


— 227 —

la capanna dello zio tom


io pensoso. Egli era generoso cogli amici e cogli eguali, ma altiero ed arrogante coi soggetti, inesorabile cogli avversarii. Noi ci amavamo scambievolmente, come fanciulli, talora più talora meno. Io era il beniamino della madre, egli lo era del padre. Io era dotato d’una sensibilità malaticcia che egli ed il mio padre non potevano comprendere, ma che non mi lasciava venir meno la simpatia della madre. Quand’io bisticciava con Alfredo, e mio padre mi guardava con occhio severo, tosto mi rifuggiava sotto l’egida della madre. Io la veggo ancora con quelle guance pallide, con quello sguardo dolce e profondo, con quella sua veste bianca. Mia madre vestiva sempre di bianco; e ciò mi faceva pensare ai santi, di cui le sacre carte descrivono gli abiti ed il portamento. Ella aveva molte e rare doti: coltivava con maestria la musica; e spesso sul suo organo faceva sentire le antiche e sublimi ispirazioni della chiesa cattolica, cantando con una voce simile a quella degli angeli; allora io posava il capo su’ suoi ginocchi, piangeva, farneticava, in preda a sensazioni che umano linguaggio non può esprimere.

«A tal’epoca la questione della schiavitù non era stata ancora posta in campo; niuno vi aveva pensato.

«Mio padre era un aristocratico puro sangue. Forse in una vita anteriore egli aveva occupato un qualche alto posto, e avea seco portato l’arroganza di quelle antiche corti, quantunque sia nato da una famiglia povera e popolana. Mio fratello ne era una copia genuina.

«Un aristocratico, si sa, non ha simpatie per coloro che vivono fuori d’una certa classe di persone. La linea di demarcazione varia secondo i paesi, ma non si oltrepassa mai, ed agli occhi di mio padre questa era segnata dal colore della carnagione. Giusto e generoso coi bianchi, riguardava i negri, di qualunque gradazione o tinta essi fossero, come anello tra l’uomo ed il bruto, e fondava su tale ipotesi tutte le sue idee di equità. Se a caso qualcuno gli avesse chiesto se i negri avevano un’anima, forse avrebbe risposto affermativamente, ma non volea saperne di spiritualismo. Privo di religiosi sentimenti, egli riconosceva un Dio, ma solo come capo della classe privilegiata.

«Mio padre possedeva cinquecento schiavi incirca; inflessibile, esigente, puntiglioso negli affari, voleva che ogni cosa procedesse colla regolarità d’un orologio. Se riflettete che i suoi negri erano uomini bugiardi, fiacchi, snervati, comprenderete di leggieri che nelle piantagioni di mio padre avvenivano spesso cose che davano martello ad un cuore sensitivo come il mio.

«Il soprintendente del luogo era un omaccione di aspetto sinistro, di polsi robusti; un figlio rinnegato dello stato di Vermont, che aveva molto studiato alla scuola della brutalità, dandone illustri saggi prima di esserne