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la capanna dello zio tom
Assai diversa era l’indole di Adolfo. Spensierato, accondiscendente a se stesso, non frenato menomamente da un padrone, che trovava essere assai più lieve il tollerare, che il dirigere, era venuto a tale, che confondeva affatto il mio e il tuo, rispetto a sè e al padrone; e Saint-Clare talvolta ne avea non poca noia. Ei comprendeva bene, che il modo con cui trattava i suoi servi non era nè giusto nè senza pericolo; sentiva anzi rimorso di siffatta indulgenza, ma questo non lo pungeva sì forte, ch’ei risolvesse finalmente d’introdurre nell‘economia domestica un altro sistema; e s’acquetava al solito costume. Scusava i difetti più gravi, poichè sentiva troppo bene, che s’egli avesse fatto il suo debito, i suoi servi non vi sarebbero caduti.
Tom provava pel suo gaio, vivace, grazioso e giovine padrone un sentimento misto di fedeltà, di rispetto e di paterna sollecitudine. Che quegli non leggesse mai la Bibbia, che non si recasse mai alla chiesa, ch’egli scherzasse liberamente sovra ogni soggetto, ch’egli consumasse la sera delle domeniche al teatro, ch’egli frequentasse i clubs, e si trovasse spesso a cene ove si beveva oltre misura, tutte queste cose erano sapute da Tom come si conoscevano da tutti, e sovr’esse fondava il convincimento che il suo padrone non fosse cristiano; convincimento nondimeno ch’egli non avrebbe espresso ad alcuno, ma che gli era cagione di molte preghiere, quando si ritirava nella sua cameretta la sera. Nè tralasciava però di esporre, allorchè ne avea il destro, il proprio modo di pensare, con quel tatto così particolare a’ negri.
Così, a cagione d’esempio, il dì dopo la domenica di cui abbiam fatto cenno, Saint-Clare invitato da alcuni amici ad un festevole banchetto, era stato ricondotto a casa verso le due dopo la mezzanotte in uno stato tale, che mostrava troppo chiaramente come la materia avesse vinto lo spirito. Lo posero a letto Tom e Adolfo; a quest’ultimo l’avventura parea oltremodo piacevole, e ridea di tutto cuore del rustico orrore che ne dimostrava Tom, il quale nella sua semplicità vegliò buon tratto della notte pregando pel suo giovine padrone.
— «Ebbene, Tom, che aspetti? — chiese Saint-Clare la mattina seguente, mentre se ne stava nel suo gabinetto in pianelle e veste da camera. Egli avea dato allora alcune commissioni a Tom e una somma di denari. — Che? non sta forse a dovere ogni cosa?» soggiunse egli, vedendo che costui non si partiva.
— «Io temo che no, padrone» rispose Tom con volto assai grave.
Saint-Clare lasciò il suo giornale, posò la tazza di caffè, e fissò gli occhi in faccia a Tom.
— «Ma che hai? Tu sei solenne come una tomba.»
— «Io sono assai addolorato, padrone. Era stata mia opinione finora, che voi foste buono con tutti.»