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la capanna dello zio tom


damente, ora a traverso di oscure foreste, ora di sterili e immense pianure, ora su per colline, ora giù per valli: e si proseguiva sempre oltre trabalzando e ondeggiando. Il fanciullo non tardò molto ad addormentarsi, e s’abbandonò in seno alla madre. La povera vecchia dimenticò i suoi terrori, ed Elisa medesima, coll’avanzarsi della notte, sentiva la sua stanchezza farsi maggiore dell’inquietudine, nè potea rimuovere il sonno. Finea parea il più sveglio e vivace tra tutti, e cacciava la noia fischiando certe ariette, che senza dubbio non entravano nella collezione dei canti adottati dalla società degli Amici.

Come furono scorse a un dipresso tre ore dalla loro partenza, Giorgio intese distintamente lo scalpitare d’un cavallo che galoppava dietro alla loro carrozza. Diede subito una gomitata a Finea, il quale arrestò i cavalli per ascoltare.

— «Forse è Michele — egli disse; — parmi di riconoscere il passo del suo cavallo.»

Cio detto, s’alzò, e piegò la testa verso la parte onde sorgeva il rumore, porgendo attentamente l’orecchio. Quindi riconobbe sulla cima d’un colle lontano l’oscura immagine d’un uomo a cavallo che correva a tutta briglia.

— «È desso, io credo» disse Finea.

Giorgio e Gim balzarono a terra innanzi di pensare che dovessero farsi. Tutti i viaggiatori, taciti ed ansiosi, volsero gli occhi verso il cavaliere. Questi dispare e scende nella valle: intanto il calpestìo del cavallo si fa più vicino e più distinto. Finalmente egli riappare sovra un’altura, la quale non era così distante che non vi potesse giunger la loro voce.

— «Sì, sì è Michele — disse Finea. — Olà, Michele, di qui.»

— «Sei tu, Finea?»

— «Sì. Che nuove? vengono forse?»

— «Sì, ci sono alle spalle otto o dieci ubbriachi d’acquavite, e bestemmiano come demonii.»

E in quel momento medesimo l’aura recò il suono lontano di cavalli correnti precipitosamente.

— «Presto, dentro di nuovo! — disse Finea. — Se vi è forza combattere, si vada almeno in luogo più acconcio.»

Giorgio e Gim montarono nuovamente in carrozza. Finea sferzò i cavalli. La vettura balzava, ondeggiava, scorreva rapidamente sul terreno ghiacciato. Ha il rumore de’ cavalli accorrenti si rendea ognora più chiaro. Le donne lo intesero, e tratto il capo degli sportelli, videro sulla cresta d’una collina molte persone i cui contorni si disegnavano in nero sul cielo rossiccio dell’oriente. Ecco, si fanno più presso. S’avveggono della carrozza che, coperta di bianca tela, era facilmente visibile a mediocre