Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 190 — |
la capanna dello zio tom
gambe. Quanto alla donna, due di loro han fatto disegno di recarla alla Nuova-Orleans, e colà venderla, e sperano guadagnare mille seicento o mille ottocento dollari. Il fanciullo poi, secondo ch’essi dicevano, è già venduto ad un trafficante di negri. Parlavano anche dello schiavo Gim e di sua madre, e fecero intendere che li ricondurrebbero nel Kentucky a’ loro antichi padroni. Dissero pure che s’attendevano da un vicino villaggio due constabili per dirigere le operazioni, e che la donna sarebbe tratta dinanzi al giudice. Uno di questi mariuoli, un omicciuolo dalle parole melate, promise ch’egli attesterebbe con giuramento, che quella giovine gli appartiene, e se la farebbe rilasciare per condurla al Sud. Essi conoscono assai bene la strada che noi dobbiam prendere questa notte, e ci seguiranno: saranno sei o sette. Or che dobbiam noi fare?»
Il gruppo, che stava in diversi atteggiamenti, dopo queste comunicazioni, era degno d’esser ritratto da un valente pennello. Rachele Halliday, che aveva terminato allora di preparare un’infornata di biscotti, all’udir quelle novelle alzava al cielo le mani infarinate, mostrando in volto il più profondo dolore: Simeone era assorto in cupi pensieri: Elisa avea gettato le braccia intorno al collo del marito, e stava guardandolo in atto di grande pietà: Giorgio colle pugna chiuse, con occhi di fiamma, mostrava tutto il furore che può provare l’infelice il quale senta che sua moglie sarà venduta all’asta, e il figliuolo abbandonato a un mercante, e che, per più strazio, queste iniquità avranno la protezione delle leggi di una nazione cristiana.
— «Che faremo, Giorgio?» chiese Elisa con languida voce.
— «So ben io che farò» rispose Giorgio.
E passando nella piccola stanza, prese ad esaminare le sue pistole.
— «Ohimè — disse Finea a Simeone scuotendo la testa — tu vedi che cosa si prepara.»
— «Lo vedo — disse Simeone sospirando: — e prego il cielo che non si giunga a tale estremo.»
— «Io non voglio — disse Giorgio — che alcuno si ponga a pericolo con me o per mia cagione. Se volete imprestarmi la vostra carrozza e indicarmi la via, noi ce ne anderemo soli fino alla prossima fermata. Gim è forte come un gigante, ardito come la morte e la disperazione, e tale sono anch’io.»
— «Ah! bene, amico — disse Finea — ma tu hai pur bisogno d’una guida. Puoi batterti a tua posta, se così ti piace: ma io conosco certi tratti della strada, che tu non conosci per nulla.»
— «Ma io non voglio mettervi in un impiccio.»
— «Mettermi in un impiccio? — rispose Finea con un curioso atteggiamento di sorpresa beffarda. Quando riuscirai a metter me in un impiccio, abbi la compiacenza di farmelo sapere.»