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la capanna dello zio tom


Quanto al mio antico padrone, io l’ho rimborsato sovrabbondantemente delle spese ch’egli fece per me: non gli sono più debitore di nulla.»

— «Ma non siamo ancora usciti di pericolo — disse Elisa; — al Canadà non ci siamo ancora.»

— «È vero — riprese Giorgio; — ma parmi ch’io respiri un’aria libera, ond’io prendo conforto e vigore.»

In quel momento s’udirono alcune voci dalla stanza vicina che s’avvicendavano in dialogo assai vivace. Subito poi un picchio alla porta. Elisa trasalì, ed aperse.

S’affacciò Simeone Halliday, e con lui un altro quacchero ch’egli presentò sotto il nome di Finea Fletcher. Finea era alto della persona e magro: rossa la capigliatura; un viso da cui traspariva una singolare accortezza ed astuzia. Ei non aveva già l’aria placida, mite, contemplativa di Simeone Halliday; pareva anzi pieno di sicurezza e di risoluzione, come uomo che conosca il suo merito, e ne sia altero, e stia sempre avvisato; tutte qualità che mal s’accordavano al suo largo cappello ed alla sua fraseologia.

— «Il nostro amico Finea ha scoperto qualche cosa che s’attiene al tuo interesse, o Giorgio, e a quello de’ tuoi — disse Simeone. — Ti torna molto l’udirlo.»

— «Ecco di che si tratta — disse Finea — e vedrete quanto sia necessario in certe condizioni star continuamente con un’orecchia tesa anche dormendo, come ho detto più volte. Ier sera io mi trovava in una piccola osteria laggiù presso alla strada. Ti dei ricordare del sito, Simeone. E l'osteria ove l’anno scorso vendemmo le mele a quella donna corpacciuta che avea enormi orecchini. Or bene, io era spossato dal lungo cammino: dopo cena, attendendo che mi fosse apparecchiato il letto, mi sdraiava sovra un mucchio di sacchi in un canto, e mi copersi con una pelle di bufalo. Quindi m’addormentai.»

— «Con un’orecchia tesa?» domandò tranquillamente Simeone.

— «No veramente: erano ben chiuse nel sonno tutte due, poichè io era stanchissimo. Ma tostochè mi riscossi un cotal poco, mi accorsi che stavano in quella stessa camera alcuni uomini, seduti intorno a una tavola bevendo e ciarlando. Siccome mi era giunta all’orecchio la parola quacchero, stimai cosa prudente, prima di mostrarmi, sapere di che parlassero. — Sicchè, disse uno di loro, se ne stanno nascosti nella casa del quacchero: non c’è dubbio. — Allora stetti in orecchi, ascoltando attentamente ogni loro parola, e conobbi che parlavano dei fatti vostri. Senza volerlo, mi chiarirono di tutti i loro disegni. Il giovane, dicevano, sarà rimandato al Kentucky al suo antico padrone, il quale te lo concierà per modo, che di qui innanzi non verrà più a’ negri il ghiribizzo di darla a