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la capanna dello zio tom


— «Via! tranquillatevi — disse Saint-Clare alzandosi frettolosamente; — non vogliate giudicarci prima di conoscerci bene.»

Quindi egli si sedette al piano-forte, e prese a suonare un brano di musica assai gaio. Saint-Clare avea per la musica una disposizione maravigliosa. Il suo tocco era fermo e brillante; le sue dita scorrevano la tastiera rapidissimamente, nè l’agilità noceva punto alla fermezza e precisione. Egli esegui varii pezzi, come uomo che voglia liberarsi d’un pensiero molesto; quindi, gittando i suoi quaderni da un lato, sorse, e mostrandosi tutto gaio, disse: — «Ci avete dato un’ottima lezione, cugina, e adempiuto a un dovere. Avete acquistato con ciò un nuovo titolo alla mia stima. Voi m’avete lanciato una perla di verità, ma mi ferì al viso così dirittamente, che in sulle prime non seppi apprezzarla secondo il suo valore.»

— «Quanto a me — disse Maria — non veggo a che giovino siffatti ragionamenti. Io credo che non vi sia alcuno che faccia a vantaggio de’ suoi domestici più di quello che facciam noi. Ma la è fatica perduta; anzichè divenir migliori, peggiorano. Quanto a parlar loro de’ proprii doveri, posso assicurarvi, ch’io ne parlai tante volte e tante, e sì a lungo, che spesso n’ebbi la voce arrantolata; essi possono recarsi alla chiesa quando loro aggrada, benchè non comprendano una parola del sermone, e quindi, come vedete, non sia loro possibile di trarne profitto; ma in somma ci vanno. I mezzi di migliorarsi dunque loro non mancano. Ma come vi ho detto, essi appartengono ad una classe degradata, e non muteranno giammai. Tutti gli sforzi che possiate fare per loro, riusciranno sempre a vuoto. Voi non li conoscete ancora, cugina; ma io li conosco perfettamente, poichè nacqui e crebbi fra loro.»

Miss Ofelia, credendo che bastasse l’avere già espresso assai chiaramente la propria opinione, se ne stette silenziosa. Saint-Clare prese a zufolare un’arietta.

— «Saint-Clare — disse Maria — vi prego di non fischiare; mi fate crescere il mal di capo.»

— «Me ne rimango subito, cara. V’ha altro che non vogliate ch’io faccia?»

— «Vi pregherei di avere qualche compassione dei miei tormenti; ma voi mi dimostrate sempre un’assoluta indifferenza.»

— «Mio caro angelo accusatore!»

— «M’irritate, parlandomi in questo modo.»

— «In che modo volete dunque ch’io vi parli? Ditelo pure, ch’io per farvi piacere parlerò così appuntino come mi prescriverete.»

Il fragore di liete risa che sorgevano dalla corte penetrò in quell’istante traverso le cortine di seta della verenda. Saint-Clare si fece innanzi, rimosse le cortine e si diede egli pure a ridere cordialmente.