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la capanna dello zio tom
vare ogni cosa dalla ruina e dal naufragio a cui s’andava incontro rapidamente per le continue infermità di Maria. L’idea di porsi al governo d’una casa di cui nessuno si prendea pensiero, la commosse vivamente: oltrecchè avea posto amore a quella cara fanciulletta: e quantunque ella pensasse che Agostino tenesse assai del pagano, pure lo amava, rideva agli scherzi di lui, ne dissimulava i difetti con una indulgenza, che a chiunque li conosceva ambedue, sarebbe sembrata veramente maravigliosa.
Ma i nostri lettori potranno fra breve conoscere più distintamente per se stessi l’indole di miss Ofelia. Giunta ora al termine del suo viaggio, essa è circondata da un confuso ammasso di sacchi da notte di varie dimensioni, di scatole, di casse, ciascuna delle quali contiene qualche oggetto per cui è estremamente sollecita. Grave e con atti di grande attenzione ella sta ordinando, chiudendo e legando ogni cosa.
— «Orsù, Eva, avete voi esaminato se abbiate smarrito nulla? Oh, certo, non ve ne siete dato alcun pensiero; — i fanciulli sono così sbadati! Vediamo: là è il sacco da notte variegato, e la scatola turchina con entro il vostro miglior cappellino; — e due; il mio cofano di caoutchouc — e tre; la mia scatola da lavoro — quattro; l’altra di cartone — cinque; quella ove sono i miei collaretti — sei; la valigia — sette. Che avete voi fatto del vostro ombrello? Datemelo ch’io lo fasci di carta e lo leghi al mio.»
— «Che? non ce ne andiamo diritti a casa? a che giova tutta questa vostra fatica?»
— «A mantenere pulita e in buon essere ogni cosa. Bisogna averne cura, chi vuole che non si sciupino. — Che è del vostro ditale?»
— «Veramente non so.»
— «Sempre senza giudicio! Or bene, esaminerà da un capo all’altro la vostra scatola da lavoro. Un ditale, la cera, due cucchiai, le forbici, un coltello, — sta bene. — Che facevate dunque, mia cara, quando viaggiavate sola con vostro padre? son certa che molti oggetti vi andavano smarriti.»
— «Senza dubbio; ma appena ci soffermavamo in qualche luogo, il papà mi comperava sempre più di quello ch’io avea smarrito.»
— «Misericordia! che vezzo!»
— «Un vezzo assai comodo, mia zia.»
— «È una leggerezza imperdonabile» soggiunse miss Ofelia.
— «Or che faremo? — disse Eva. — Questa valigia è così piena che sarà impossibile il chiuderla.»
— «Eppure si dee chiudere» riprese la zia con tuono imperioso e solenne; quindi si diede a comprimere a tutta forza ciò che v’era entro, e s’affaticava di chiuderla, ma la valigia rimaneva ancora schiusa un cotal poco.