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la capanna dello zio tom


in volto un’espresssione di bontà non disgiunta da un non so che d’originale e di comico. Parea sollecito, più che altri mai, della sua valigia e della sua ombrella che portava egli stesso in mano, ricusando ostinatamente di rimetterla ai servi, per quante istanze gliene facessero, affine di liberarlo da quell’impaccio. Gittato uno sguardo d’ansietà intorno alla camera, si ritrasse nell’angolo più appartato, acconciò i suoi arredi sotto una sedia, vi siedette sopra, e cominciò ad osservare con aria d’apprensione il degnissimo personaggio che ornava co’ suoi talloni il lembo del camino, e andava sputacchiando a destra e a sinistra con un coraggio, con una energia da insospettire chiunque fosse di nervi delicati e di particolari abitudini.

— «Come state, straniero?» domandò il signore, di cui or ora parlammo, gettando una fumata di tabacco masticato, quasi saluto di onor verso il nuovo venuto.

— «Sto benissimo» rispose l’altro laconicamente, ritraendosi alquanto indietro per fuggir l’onore da cui era minacciato.

— «E che nuove?» riprese l’interlocutore, traendosi di saccoccia un rotolo di tabacco e un largo coltello da caccia.

— «Niente di nuovo, che io sappia.»

— «Masticate?» domandò l’altro al vecchio omicciuolo, porgendogli con piglio veramente fraterno un pezzo di tabacco.

— «No, vi ringrazio, non mi piace» rispose questi, ritraendosi nuovamente alquanto indietro.

— «Davvero?» soggiunse l’altro, con aria d’indifferenza, e gittandosi in bocca il pezzo di tabacco, per averne sempre una buona provigione a benefizio generale della società.

Il povero vecchiotto provava una scossa di nervi, ogniqualvolta il suo vicino dalle gambe lunghe gittava il fumo alla sua volta; finchè questi, accortosene, volse gentilmente ad altra parte la sua batteria, e prese a tempestare uno degli alari del camino con tanta maestria militare che avrebbe espugnata una città.

— «Che ci è?» disse il vecchio gentleman, vedendo che una parte della brigata era accorsa intorno ad un gran cartello.

— «I connotati d’un negro evaso» rispose uno della compagnia.

Il signor Wilson, perchè tale era il nome del vecchio gentleman, si levò in piedi, e dato sesto con somma cura alla sua valigia e all’ombrella, pigliò risolutamente gli occhiali, e se ne inforcò il naso per leggere quanto segue:

«Fuggì dalla casa del sottoscritto il mio giovane mulatto Giorgio. Il detto Giorgio è alto sei piedi, ha tinta molto chiara, capelli bruni, ricciuti; è intelligentissimo, buon parlatore, sa leggere e scrivere; probabil-