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la capanna dello zio tom
fa cadere sui loro sedili; la vettura si ferma, e Cudgioe compare allo sportello.
— «Padrone, vi è un pantano insuperabile; non so in qual modo potremo uscirne; le ruote affondano.»
Il senatore si avventura a mettere fuori un piede per cercar sul terreno un punto non cedevole; ma vi si ammolla; tenta ritrarlo dal pantano, perde l’equilibrio, e stramazza nella melma, donde Cudgioe lo solleva in uno stato veramente compassionevole.
Non aggiungeremo parole per un benigno riguardo alla sensibilità dei nostri lettori. Chi, viaggiando in paesi occidentali, ha dovuto ingannar le ore della notte nell’accatastar tronchi per riempiere le fenditure della strada, saprà compiangere con rispettosa simpatia il nostro malarrivato eroe. Li preghiamo a tributargli tacitamente una lacrima, e proseguiamo. Facea notte fitta, quando la vettura, insudiciata, sconquassata, si fermò alla porta di una vasta fattoria. Non ci volle poca fatica per risvegliarne gli abitanti; ma comparve alla fin fine il rispettabile proprietario e schiuse la porta. Era questi quasi gigante, alto sei piedi e parecchi pollici, tarchiato della persona, e indossava, ad uso di cacciatore, una casacca di flanella rossa. Una folta capigliatura di un rosso pallido, incolta, scomposta, una barba cresciuta da più giorni, gli dava un’apparenza non molto gradevole. Stette alcuni minuti immobile col candeliere alla mano, squadrando da capo a piedi i nostri viaggiatori con espressione di sorpresa, di malcontento, che avea qualche cosa di grottesco ben singolare. Il nostro senatore non durò poca fatica a fargli comprendere di che si trattava; e mentre, come può meglio, gli espone l’avventura, lo faremo alcun poco conoscere ai nostri lettori.
Il buon Giovanni Van Trompe possedeva anticamente una tenuta considerevole e molti schiavi nello Stato del Kentucky. Non avendo dell’orso che la pelle, essendo anzi dotato dalla natura d’un cuor nobile, retto, onesto, corrispondente alla sua gigantesca corporatura, aveva assistito, non senza fremere, agli effetti di un sistema, che non è meno cattivo per li oppressori che per li oppressi. Un bel giorno, il cuore generoso di Giovanni non potè più oltre resistere, tolse dallo scrigno il suo portafoglio, e si avviò verso l’Ohio, dove comperò due o tre leghe quadrate di terreno fertilissimo; emancipò legalmente tutti i suoi schiavi, uomini, donne e fanciulli, li accomodò in vagoni e li trasportò nel suo nuovo podere; ed ivi si raccolse tranquillamente, per godere della propria coscienza e delle proprie riflessioni.
— «Siete voi uomo da ricoverare una povera donna e un fanciullo inseguiti da cacciatori di schiavi?» Domandò esplicitamente il senatore.
— «Credo di sì — rispose l’onesto Giovanni, sviluppando le sue forme