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dovuto soffrire. Ed è naturale che i canonici beneficati dal citato diploma imperiale del 962 (che donava loro terreni della superficie di oltre 1900 pertiche attuali) abbiano rivolto le loro prime e maggiori cure a riparare i danni e, coi più larghi mezzi di cui allora disponevano, ad ampliare, riducendolo più adatto ai nuovi bisogni, il tempio loro affidato, il quale, si noti bene, era la chiesa metropolitana di tutta la Riviera, fungendo i suoi canonici da cappellani dei varii paesi rivieraschi.

Dell’antica chiesa essi conservarono la sola tribuna tanto a cagione della forma nobile che essa già vestiva, quanto pel fatto che ivi era conservato il corpo di S. Giulio, come dice il citato diploma ottoniano.

Ci restano probabilmente di essa pochi rozzi capitelli (Fig. 14, 15, 16, 17 e 18) impiegati a coronare i nuovi pilastri a fascio delle navate minori, uno dei quali è somigliantissimo, quantunque di rozza fattura, a quello ramificato già appartenente alla distrutta chiesa di aurona in Milano e riportato dal Dartein come uno dei più antichi di tale chiesa1. Uno solo di essi, il più elegante, parmi scolpito per la nuova chiesa.


Cupola. - Ed ora veniamo alla cupola che copre il presbiterio (Fig. 19).

Il disegno e la fotografia dicono di essa più di quanto possono le parole. Ha pianta ottagonale e poggia sopra quattro impeducci o pennacchi semplici alla lombarda: ha, o meglio aveva (poichè di esse una sola rimane intatta essendo le altre o distrutte o murate), 8 trifore a colonnette e capitelli di marmo bianco venato (Fig. 20), portanti archi ed archetti di laterizio frammentario romano, ed i pilastri a conci di pietra che la rassomigliano a quelle più complesse e progredite del S. Michele di Pavia e del S. Michele di Lomello. La


  1. Vedi Enciclopedia d’Architettura, vol. V, p. 420, Planat.