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D’un’insolita luce allora il sole
     Sfolgorò del meriggio, e tutta apparve
     Dove divide l’Appennin selvoso,
     E dove la gelosa Alpe racchiude
     La bellissima Italia; ecco di Brenno
     Grandeggiar la città sui patrii colli
     Che il Serio bagna, e tutti irriga o lambe
     Quanti vedi paesi in sul declive
     Sparsi delle montagne, e là tra quelle
     Cinte di ghiaccio eterno orride vette
     Si rinserra la Deccia algente Valle
     Cui diede il Cielo del negato argento1
     E d’auro compenso il ferro,
     Colà i Ciclopi, dall’arcigno volto
     Scintillanti di foco, ed i fumosi stridenti
     Magli, e le sudate incudi.
     Più lunge ecco le cime, onde trabocca
     Oglio, che onusto del Camuno i tronchi
     Larici adduce, poi ristagna in lago,
     E già forse a te par specchio Sebino.
     Sul destro fianco scorgerai l’opima
     Lanifera Gandino; a fronte statti
     La terra cui del Serio emulo il Brembo
     Dà nome e solca; sull’alpestre spalla
     Si prolunga di lui povera d’acque.
     Scarsa di messi la romita Imagna.
     Ricca d’eletti gelsi unico pasco
     Al prezioso vermicel cinese

  1. In uno stromento rogato da Giacomo di S. Pellegrino nel 1476 che trovasi nell’archivio della città di Bergamo si fa menzione delle miniere d’argento di Brembilla. Varie altre miniere di questo metallo erano in Valtorta, in Alzano, in Anese, ed in Poscante siccome consta da alcuni istromenti rogati negli anni 1488-1489 da Gaspare Guarnerio e da Giovanni Rosario. — Da varie scritture si raccoglie che ne’ prischi secoli si lavorava con gran frutto in tutte le suaccennate miniere.