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mire delle fronde, e per il grido dei lupi affamati; quei colli verso l’oriente, sui quali un riso perpetuo del cielo si dischiude, e l’aere spira gradito e puro, e mille sembianti di natura feconda e incantatrice offronsi allo sguardo; quelle ridenti pianure dalle mobili acque di un bel fonte irrigate, di erbe e di fiori illeggiadrite, quel propagato alternare di comignoli montani, ai quali la varietà aggiunge grazia e bellezza, e che verdi ai piedi, e azzurri sulle vette si confondono coll’ampio zaffiro del cielo, quel lago tanto bello nella sua bonaccia, quanto piacevole nello spirare del vento, qui ripiegantesi per una punta di terra che oltre si spinge, là distendentesi per un largo seno che gli apre la spiaggia; dove una Isoletta fuori nel mezzo si innalza quasi reina dell’onde; dove tortuosi fiumi e torrenti di gelide e pure acque recano il loro tributo versando sè dopo sè stessi; e dove; un esercito di pesci d’ogni maniera e d’ogni misura o si inabbissa nel mezzo, o ingemma la spiaggia, o rompe la tranquillità delle onde, dovevano necessariamente invitare quella gente di ventura a qui riporre le sue stabili sedi. Per la qual cosa non temo di dilungarmi dal vero, se affermo che in Orta, Pettenasco e Pella fossero erette le prime case di questi popoli, i quali dalla pescagione traevano il loro sostentamento alla vita1; e che in Ameno, Armeno, Nonio, Cesara, Arola e Boletto si ponessero quelli, i quali colla caccia e colla pastorizia esercitavano il più destro e comodo, e difettevole modo per nutricarsi2.

X. Orta, borgo insigne, chiamato da Bescapè Vicus divitiis et mercatus praecipius, fu forse il primo luogo ad avere stabili abitazioni. Ai tempi dell’Imperatore Ottone I chiamavasi Villa Horta, ora Orta, essendovi ancora una parte di sito nel Borgo che chiamasi in Villa, ove forse furono fondate le prime case.

  1. V. Gemelli, Ragionamenti in barca, pag. 47.
  2. Tardi assai si diede mano alla coltura de’ campi. Secondo Strabone, lib. IV, pag. 125, e Giustino, lib. XLIII, cap. 4, i Galli appresero l’agricoltura dai Greci Marsigliesi e dai Romani. Strabone soggiunge, lib. IV, pag. 123, che i Galli vi si applicarono solo per forza.