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lare l’oblio della patria favella, essendo la lingua uno dei più forti vincoli che stringa alla patria. Dirò anzi, che quelli istessi fra i nostri, i quali, distrutte dal nemico le loro cittadi, furono cacciati da ogni parte, e tentarono la via de’ monti, lasciarono nelle nuove sedi i vestigi della antica origine. Reto condottiero dei profughi Etruschi portò in un alpestre e selvaggio paese quegli infelici avanzi del ferro nemico, formandosi una nuova patria nella Rezia, oggi Cantone dei Grigioni a’ piedi delle alpi Giulie, che separano la Germania dalla Gallia Cisalpina, e dal nome di lui (come notarono Plinio, e Giustino) ebbe origine quello delle alpi retiche. Altri fra gli Insubri tagliati e feriti dalla gente gallica, iscampati di morte dalle battaglie, tutto che’ fossero pochi, si ridussero per le circostanti sommità delle alpi, e quivi con vili abituri furono i primi a stanziare per guarire di loro piaghe. Da ciò l’origine di quei piccoli villaggi posti sullo spalle dei monti, o nei seni delle vallate, che chiudevano di fossi e di steccati a modo di battifolle, ovvero bastita, l’orrore dei quali avrebbe qualunque uomo respinto, se obbligato non lo avesse la propria difesa. Eppure quivi, sebbene efferrati dagli aspri gioghi, come scrisse T. Livio lib. 5, serbarono fino a’ tempi suoi le vestigia della losca favella: eppure a testimonianza di Egidio Tschudi (de prisca et vera alpina Rhetia, cap.3) molti luoghi della Rezia fino presso le fonti del Reno ritengono tuttora alquanti nomi, dai quali riscontrasi il significato di una origine toscana: e negli scavi operati nel 1815 sul Dos de Trento fra gli avanzi di un tempio forse dedicato a Mercurio fu rinvenuta una inscrizione antichissima in caratteri etruschi 1.

  1. V. Giornale dell’alto Adige, num. 61, ann. 1813. A questa si può aggiungere l’antica lapide rinvenuta nello scorso anno dal Conte Eugenio Tornielli di Novara ne’ suoi poderi di Fara, la quale sembra commemorativa di parecchie persone, e scritti in caratteri oschi, o etruschi. E da ciò comprendesi la sua antichità, avvegnachè la lingua osca cessò all’epoca della legge Giulia emanata nell’anno 663 di Roma; e la etrusca, sebbene sia stata l’ultima a perdersi dal popolo, non perdurò al di là del vi secolo di Roma, circa il tempo della caduta di Pompei; benchè molte inscrizioni alla latina rappresentassero in tempi posteriori caratteri e intiere parafrasi etrusche, come si vede