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riflettono così vagamente i raggi del sole; chi ritrovossi colassù nel mattino, e vide il sorgere dell’aurora, e senti la brezza di un aria acuta, lo stormire delle frondi, il canto dei ridesti uccelli; chi vide da quelle vette quanto può giungere la vista l’immenso piano del Novarese, del Vercellese e della Lombardia, i molti laghi, e gli innumerevoli paesi, che li fanno belli, e ricchi; chi fu spettatore di quella indescrivibile meraviglia, che ci si presenta, allorquando, risplendendo colassù in bel sereno il sole, si agitano al di sotto le nubi ora commosse dai venti quasi onde del mare, ora tormentate dalle fulgori e dai tuoni, che nel loro seno guizzano e rumoreggiano, egli avrà avuta una qualche immagine della bellezza della natura, e della immensità dell’universo.

X. Alle falde di queste costiere ora prominenti ed ora rientranti in valli vedesi un perpetuo bosco di castagne, ubertosa produzione che allevia le angoscie del povero, e di roveri, betole 1, olmi, faggi, pioppi, frassini, sorbi coi rubicondi loro grappoli, e ginepri colle nereggianti bacche tanto ricerche dai tordi e dalle grive. Sopra queste vette sguinzagliamo i cani talora, e compartiamo le lasse: allora ciascuno si studia di occupare i rimoti sentieri, e di essere giunto al varco, innanzi che la belva sia posta in fuga: intanto i segugi colle teste a terra mostrano il loro valore ricercando col fiuto le traccie del nascosto lepre: esso dai latrati riscosso, e timoroso all’appressarsi dei veltri balza fuori dagli spinosi vepri, e in bene aperto campo distendesi al corso: i cani dietro lui corrono battendo per dove corse loro innanzi; quelli alla preda agognano, questo allo scampo; e perché l’avversario non giunga ad avanzarlo, sorpassa e sprezza ogni folta macchia ed ogni dubbioso sentiero: ma già il cane sta per ciuffarlo coi denti, e schiattisce: il lepre è in dubbio, se preso o libero sia; ma intanto gli sfugge di sotto, e la dà all’erta. Cosi salendo spinto

  1. Anticamente se ne fece gran conto, perchè il Consiglio vinse una legge, ed inserilla negli Statuti, colla quale era vietato di tagliarne o per l’utile o per la comodità che ne veniva al pubblico. Betula gallica scrisse il Macagno, lib. 2, cap. 4, quem Bielam nuncupant, miro corticis candore, et tenuitate ad quœcumque aptissima, et ad circules vasales: item corbium sportas.