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libro secondo 91

Parte, in tempo veruno il vacuo inane
309Resister può, ma è ben mestier che sempre,
Come vuol sua natura, a tutto ceda;
Tutte devon perciò, ben che da impari
312Peso spinte, ugual corso aver le cose
Pe ’l docil vano. Non potranno dunque
Inciampar per di su ne’ più leggieri
315Quei che più gravi son, nè per sè stessi
Urti produrre che dian varj moti,
Per cui Natura poi formi le cose.
318Necessario è però che ognora un poco,
Solo un minimo che, pieghino i semi.
Nè sembri già, che noi fingiam gli obliqui
321Moti, e la realtà poi li rifiuti,
Chè a tutti esser vediam chiaro e presente,
Che un grave che precipiti da l’alto
324Non può, per quanto è in sè, muovere obliquo;
Ciò discerner tu puoi; ma chi il vantaggio
Ebbe mai di osservar, che affatto nulla
327Da la sua dritta via giammai declini?
     Se si connette infin l’un moto a l’altro,
E s’ingenera ognor dal vecchio il nuovo
330Con ordine infallibile, nè i semi
Co ’l loro declinar producon mai
Tal principio di moto, il qual le leggi
333Rompa del fato, a ciò che causa a causa
Non segua a l’infinito, ond’è che libera