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libro sesto 399

Senza tempo così da l’uno a l’altro
Spargea l’orrido morbo i suoi contagi,
1653Qual fra torme di bovi e di lanuti;
E ciò più ch’altro aggiungea morte a morte.
Poi che tutti color, che de la vita
1656Cupidi e del morir timidi troppo
Fuggían di prestar cura a’ proprj infermi,
Indi a non guari abbandonati, privi
1659D’ogni soccorso e da l’incuria uccisi,
Con turpe e mala morte eran puniti.
Ma quei che a l’assistenza erano pronti
1662Di contagio períano e di fatiga,
A cui di sottoporsi eran costretti
Da la vergogna e da la blanda voce
1665Degli egri stanchi a lamentío commista.
I migliori però subían tal morte.
Affrettar si vedean senza corteo
1668I vasti funerali, a gran contesa
Seppellir ne l’altrui tombe ciascuno
Il popolo de’ suoi; quindi abbattuti
1671Dal pianto e dal dolor facean ritorno.
Buona parte però giaceano in letto
Per la tristezza; nè trovar qualcuno
1674Poteasi in tempo tal cui nè la morte,
Nè il morbo, nè il dolor colpito avesse.
     Languivan pure omai tutti i pastori
1677E i mandrïani e anch’essi i nerboruti

26 — Rapisardi: Lucrezio.