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libro sesto 395

Poi, quando per le fauci i petti invasi
Avea la forza del malore e al mesto
1545Cor degli egri affluía, tutti in quel punto
Cadeano i chiostri de la vita; orrendo
Lezzo volvea fuor de la bocca il fiato,
1548Qual di gittate putride carogne.
Allor di tutto l’intelletto a pieno
Languían le facoltà, languía sovr’esso
1551La soglia de la morte il corpo tutto;
Ed un’angoscia affannosa e lamenti
A gemiti commisti eran compagni
1554Assiduamente a l’insoffribil male.
Spesso pure un singhiozzo aspro, incessante
Sforzava i nervi e le membra a contrarsi
1557Notte e dì senza posa, e, travagliando
Quelli che prima d’esso eran già fiacchi,
Li disciogliea del tutto. E non di troppo
1560Calor sentito avresti arder l’estrema
Superficie del corpo, anzi a le mani
Un certo senso di tepore offría,
1563E quasi di bruciate ulceri a un tempo
Rosseggiar si vedea, sì come allora
Che sparso per le membra è il fuoco sacro.
1566Avvampavan fra tanto infino a l’ossa
Le parti intime, ardea come in fornaci
Giù nel ventre una fiamma, onde non era
1569Cosa lieve e sottil, che si potesse