276Inferire possiam, che ne la terra
Sono i primordj de le cose, e noi,
Rivolgendo col vomere le glebe 279E lavorando de la terra il seno,
Li spingiamo al natal. Chè, dove in vano
Tornasse ogni opra, da sè stessi al certo 282Sorgere e migliorar tu li vedresti.
Seguita a ciò, che la Natura tutto
Ne’ suoi corpi dissolve e nulla annienta. 285Perocchè se mortal fosse ogni parte
Che compone le cose, immantinente
Rapide agli occhi esse dovrían perire; 288Nè mestieri saría di forza alcuna,
Che dissidio eccitar, sciogliere i nodi
Che ne legan le parti unqua potesse. 291Ma sol per questo, che di seme eterno
Constan le cose, fin che in lor non entri
Nemica forza e le flagelli, o vero 294Penetri ne’ lor vani e le dissolva,
Sol per questo vediam, che da la morte
D’alcuna cosa la Natura abborre. 297Se ogni cosa, oltre ciò, cui per vecchiezza
Smuova l’età, la sua materia tutta
Consumando, perisse, ond’è che Venere 300Per le sue specie ogni animal radduce
Al lume de la vita, e poi ch’è nato
Gli offre i suoi paschi la dedalea terra