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libro quinto 333

1911E verso ciò ch’è antico il gusto muta.
Incominciò così l’odio a le ghiande,
Si abbandonâr così gli umili strati
1914D’erbe e di foglie, che servían da letti,
Ed a la stessa guisa anche in dispregio
Cadde la veste di ferina pelle,
1917Che pur trovata da l’invidia estimo,
Tal che vittima fu di qualche agguato
Chi la portò primiero e disputata
1920Poi fra di lor con molto sangue a brani
Fu fatta sì che alcun non n’ebbe il frutto.
     Allor quindi le pelli, or l’ostro e l’oro
1923Stancan di cure e travagliano in guerra
L’umana vita; e in ciò, se ben mi appongo,
Più colpa in noi che non in lor risiede:
1926Poi che il freddo affliggea, senza le pelli,
Gl’ignudi figli de la Terra, e invece
A noi di ricca e di purpurea vesta
1929D’oro fregiata e di figure insigni
Danno di sorta il difettar non reca,
Quando un sajo ci sia che ne protegga.
1932Per nulla dunque e invan l’uomo si affanna
E in vuote cure ognor l’età consuma:
E sì, però ch’e’ non conosce affatto
1935Qual sia meta agli acquisti ed a che segno
La vera voluttà cresca e si stenda.
Ciò a poco a poco in alto mar sospinse