1830Quindi i rubesti agricoltori ad onta
Volser tal arte, ed a feminee mani
La vollero affidare, ed essi in vece 1833Soffrir dura fatica, e in opre dure
Indurare le membra aspre e le mani.
E la Natura, ch’a le cose è madre, 1836De le seminagioni e degl’innesti
Fu maestra ed esempio essa la prima:
Chè le bacche e le ghiande, a piè degli alberi 1839Cadendo, germogliar faceano in folla
Tempestivi rampolli; onde ancor piacque
D’insitar negli stipiti le marze, 1842E margottar pe’ campi i novi arbusti.
D’altra ed altra coltura indi fêr prova
Nel dolce campicello; e le selvagge 1845Frutta vedeano ognor farsi più miti
A la suave ed amorosa cura
Che s’avea de la terra. E le foreste 1848A receder vie più di giorno in giorno
Costringevano al monte, e il pian suggetto
Cedere a’ colti, a ciò che prati e laghi 1851E rivi e dolci biade e bei vigneti
Avesser poi ne’ campi e sovra i colli,
E un cerulo potesse ordin d’ulivi 1854Correr diffuso e far limite intorno
Su per i poggi, le convalli e i piani;
Sì che tu vedi ancor tutti distinti