168Con giudicio sottil cercar conviene;
E che sia ciò, che, vigilando infermi,
O sepolti nel sonno, empie e spaventa 171La mente in guisa, che veder ne sembra,
Come fosser presenti, e udir coloro,
Di cui l’ossa, già morti, il suolo abbraccia. 174Nè ignora il mio pensier qual’ardua impresa
Sia l’illustrar le invenzïoni oscure
De’ Greci in latin verso, uopo mi essendo 177Anzi tutto coniar parole nuove,
Perchè povero ancora è il sermon nostro
E insolito il soggetto: e pur la tua 180Virtù, la dolce voluttà, ch’io spero
Da l’amicizia tua cara e soave,
A durar mi suade ogni fatica, 183Le chete notti a vigilar m’induce,
Con che detti cercando e con qual carme
T’apra alfine al pensier luce sì chiara, 186Ch’entro ti metta a le secrete cose.
Or de l’alme a fugar l’ombre e il terrore
Non de’ raggi del Sol, non de’ lucenti 189Strali del dì, ma de l’aspetto invece
E de le leggi di Natura è d’uopo.
Il principio però di tale ordito 192Questo per noi sarà: nulla già mai
Per divino voler nasce dal nulla.
E la paura in ver tutti i mortali