Travolse in terra il temerario auriga; 537Venne al giovin cadente il Sole incontro,
L’eterna ripigliò lampa del mondo,
I dispersi cavalli palpitanti 540Radunò, ricongiunse, al suo vïaggio
Guidolli, e ravvivò tutto il creato.
Così i vecchi cantâr greci poeti, 543Ben che troppo dal ver fosser lontani.
Però che il foco vincer può, se fuori
Da l’infinito in numero maggiore 546Sorgano i corpi ond’è composto: allora
O da qualc’altra forza ei cadrà vinto,
O ver, da le cocenti aure combuste 549Periranno le cose. È fama ancora,
Che una volta abbondò l’acqua a tal segno
Che avea già già piena vittoria, quando 552Molte città degli uomini sommerse;
Ma poi che, vinta da una causa ignota,
La forza sua da l’infinito emersa 555Si ritrasse, le piogge ebbero un freno,
E temprâro il gagliardo impeto i fiumi.
Or come mai degli atomi il concorso 558Fondasse il ciel, la terra, il mar profondo,
II mobil Sole e la corrente luna,
Per ordine esporrò: chè certamente 561Nè per consiglio e con pensier sagace
Si ordinâro i primordj de le cose,