Pagina:La Natura.djvu/28

28 la natura

114Piegava di terror muta i ginocchi;
Nè giovò la meschina in tempo tale
Che co ’l nome di padre essa la prima
117Chiamato avesse il re, poichè da terra
Levata in braccio da’ guerrier di peso
Vien tradotta a l’altar tutta tremante,
120Non perchè possa da un illustre imene
Dopo il rito solenne esser congiunta,
Ma perch’ella sì casta incastamente
123Nel dolce tempo nuzïal procomba
Dal padre suo scannata ostia infelice,
Onde propizj numi e fausta uscita
126Abbia l’armata degli achei. Cotanto
Potea di mal persuader la Fede!
     Vinto anche tu da’ paurosi detti
129Ch’ànno parlato in qual vuoi tempo i vati,
Discostarti da noi già pur vorrai.
E quanti sogni in ver fingere i vati
132Possono a te, che le ragioni tutte
Sovvertir possan de la vita e tutte
Di terrori turbar le tue fortune!
135Ed a ragion: chè se mai l’uom vedesse
A le miserie sue certa la fine,
Potrebbe in certo modo opporre il petto
138Ai terrori de’ vati e a le minacce.
Ma poichè, morto, eterne pene ei teme,
Nulla ha ragion, nullo poter d’opporsi;