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libro quinto 267

135E facil via, per cui de l’uomo al petto
E al tempio del pensier la fede arriva.
Ma pur dirò: forse al mio dir potrebbe
138Acquistar fede il fatto istesso, forse
Potresti anche vedere in picciol tempo
Tremar la terra orribilmente, e il mondo
141Squassarsi. Ma da noi volga lontano
L’arbitra sorte quest’evento, e, meglio
Che il fatto stesso, la ragion ti mostri,
144Che posson ruïnar vinte e disfatte
Con orrendo fragor tutte le cose.
     [Ma pria che di tal fatto entri ad esporre
147Gli alti destini, assai più certi e santi
Di quei che dal febèo delfico alloro
E dal tripode suo la Pitia manda,
150Molti conforti in saggi detti espressi
Ti appresterò, perchè, tenuto in freno
Da la religïon, forse non pensi
153Che il ciel, la luna, il mare, il Sol, la luna
E gli astri rimaner debbano eterni,
Come se il corpo lor fosse divino;
156E sia giusto però, che quelle pene,
Che per l’enorme scelleranza inflitte
Già furono a’ Giganti, ora sul capo
159Pendan di lui, che con la sua ragione
Voglia del mondo rovinar le mura,
Spegnere in ciel la radïosa face