108Se miran nondimen da qual cagione
Possan tutte le cose esser prodotte,
E quelle più che per l’eteree piagge 111Vedono errar sopra il lor capo, allora
Tornan di nuovo ai pregiudizj antichi,
S’impongon da sè stessi aspri tiranni, 114Credon che questi abbian poter su tutto,
Perchè, miseri, ignorano qual cosa
Nascer possa e qual no, come ciascuna 117Abbia forza finita, e per qual legge
Le sia profondamente un fin prescritto.
Ma, perchè più in promesse or non s’indugi, 120Osserva il mar da pria, la terra, il cielo:
La lor triplice essenza, i lor tre corpi,
Queste tre forme sì diverse, questi 123Tre sì grandi tessuti, o Memmio, un solo
Giorno dissolverà; questa che tanti
E tanti anni durò macchina enorme 126De l’universo alfin cadrà. Nè ignoto
È al mio pensier quanto parer ti possa
Nova e stupenda mai questa futura 129De la terra e del ciel vasta ruina,
E quanto sia difficile a parole
Convincerti di ciò; sì come avviene 132Quando insolito ver l’aure ti tocca,
Nè sottopor lo puoi degli occhi al senso,
O con le mani palpeggiar, sicura