Pagina:La Natura.djvu/247


libro quarto 247

1365E vago con volgar Venere errante
Le più fresche non curi, e ad altro obietto
I moti del tuo cor volger non sai.
     1368Nè chi schiva l’amor manca del frutto
Di Venere; ne coglie anzi i piaceri
Che son scevri di pena; e certamente
1371Più pura voluttà gusta chi è sano
Del miserel, che de l’amor nel foco
Nel punto stesso d’appagar suoi voti
1374In mille errori incerto ondeggia, e sta
Perplesso di che prima abbia a godere
Con le mani e con gli occhi: al petto preme
1377Tenacemente il sospirato oggetto,
Ne tormenta le membra, e con frequenti
E baci e morsi i cari labbri affligge,
1380Perchè la voluttà non è sincera,
Ed un segreto stimolo lo istíga
A strazïar qual ch’esso sia quel corpo,
1383Che di tanta sua rabbia i germi avventa.
Ben, durante l’amor, Venere frange
Dolcemente le pene, e una soave
1386Voluttà mista ad esse i morsi affrena,
Perchè si spera che quel corpo istesso,
Onde nacque l’ardor, la vampa ammorzi:
1389Ma vuol Natura, che il contrario avvenga;
E sola cosa è amor, di cui più godi,
E di brama più fiera arde il tuo petto: