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libro quarto 243

1257Di molli cetre e di parlanti corde,
E veder quegli astanti e de la scena
Splendere al tempo stesso i varj adorni:
1260Tanto su l’uom, sugli animali tutti
Può il diletto, lo zel, l’abito, l’uso.
Così un forte destrier, mentre distese
1263Giacciono le sue membra, anche nel sonno
Sudando sbuffa e senza posa anela,
Come se fuor da le dischiuse stalle
1266Rompa, o di tutta forza al palio aspiri.
Così il bracco sovente, ancor che in molle
Quiete riposi, ad un tratto le gambe
1269Agita, spesso spesso a l’aria annusa,
D’un subito squittisce, e già già sembra
Ch’ormeggiata e scovata abbia la fiera;
1272Anche desto talor va dietro a vani
Simulacri di cervi, e gli par quasi
Che si diano a la fuga, infin che, scosso
1275Ogni error de la mente, in sè non torni.
E de’ botoli pur l’adulatrice
Razza in casa allevata il sonno scote,
1278Balza subito in piè, come se strane
Facce vedesse e sconosciuti aspetti.
E quanto più selvagge son le razze,
1281Tanto più denno inferocir ne’ sogni:
Fuggono quindi a notte i varj augelli,
E i sacri boschi fan stormir con l’ale,