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206 la natura

261Ch’è a dir di quei che stanno a fior de’ corpi?
Vibrati essendo e senza inciampi al corso,
Ove sian da sì lieve ala portati,
264Non vedi dunque tu, che andar più lungi
E più celeri denno, e in tempo eguale
Trascorrere uno spazio assai maggiore
267Che la luce del Sole il ciel traversi?
E a provar quanto sia celere il moto
De’ simulacri, il vero esempio è questo:
270Che non prima tu ponga a l’aere aperto
La limpid’acqua, ivi specchiarsi a un subito
Con la serena e radïosa faccia,
273Quando stellato è il ciel, gli astri tu vedi.
Omai da questo non t’accorgi adunque,
Che su le piagge de la terra a un punto
276Da le plaghe del ciel l’immagin cade?
Confessar quindi una e più volte è forza,
Che da le cose ognor si vibran corpi,
279Che toccan gli occhi e muovono la vista;
E da certe sostanze emanan sempre
Gli odori, come pur da’ fiumi il freddo,
282Il calore dal Sol, da le marine
Onde il salso vapor, che lento rode
Le muraglie che stan d’intorno al lido.
285Nè cessan di volar qua e là per l’aure
Suoni diversi; e infin, se presso al mare
Ci si aggiri, sovente un certo umore