L’una da l’altra ristorar si deve.
Nè alcun gittato è mai negli atri abissi 1248Del Tartaro, perchè sempre di nuova
Materia è d’uopo a crescere le specie
De l’avvenir; le quali anche a te dietro 1251Verran, còrsa la vita; e non già meno
Son quelle che di te caddero innanzi,
Di quante ancora in avvenir cadranno. 1254Così a vicenda ognor si riproduce
L’una cosa da l’altra, e in uso a tutti,
In dominio a nessun dassi la vita. 1257Vedi pur come i tanti anni trascorsi
Del tempo eterno, pria del nascer nostro,
Non pertennero a noi punto nè poco; 1260Specchio è il passato, ove Natura espone
Quel che sarà dopo la morte nostra:
Che cosa v’è di orribile e di tristo? 1263Qual mai più cheto e spensierato sonno?
Ciò che si narra del profondo Averno
Noi l’abbiam tutto ne la vita, a punto. 1266Nè, com’è grido, Tantalo infelice,
Raccapricciando di vana paura,
Trema il masso su ’l suo capo pendente; 1269Ma degli Dei più tosto un terror vano
Urge in vita i mortali, inquieti ognora
De’ casi che a ciascun rechi la sorte. 1272Nè s’affondan gli uccelli entro al giacente