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libro terzo 183

Insazïabilmente, e mai dal petto
Non ne torrà la tua memoria il tempo.»
1167Io chiederei però: Se con la morte
Tutto al sonno ritorna ed a la quiete,
Qual mai cosa v’ha in lei di tanto amaro,
1170Perchè ognun si consumi in lutto eterno?
     Spesso a mensa adagiati, in man la tazza,
La corona sul crin, questa canzone
1173Ripeton molti: «Ai poveri mortali
Breve è quest’ora di piacer; godiamo;
Ecco, essa fugge, e più non torna in dietro.»
1176Come se, dopo morte, il mal peggiore
A quei miseri fosse arder nel foco
D’un’indomita sete, o d’altra cosa
1179Restasse in loro desiderio alcuno!
Certo allor ch’egualmente anima e corpo
Riposano nel sonno, alcun di noi
1182La sua vita e sè stesso a sè non cerca:
Poichè lice suppor, che tal per noi
Sia l’eterno sopore e non ci tocchi
1185Di nostre cose desiderio alcuno;
Pure, allor che dormiamo, entro le membra
Non errano i vitali atomi lungi
1188Da’ sensiferi moti, e da sè stesso
L’uom si scote dal sonno e in sè ritorna.
Stimar dunque si dee, che molto meno
1191Sia la morte per noi, se pur v’ha cosa