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libro terzo 155

417Nomi trovar quante han figure i semi,
Da cui vien tal varïetà di cose,
Questo, mi sembra, che affermar si possa:
420Che i vestigj che in noi Natura imprime
E la scïenza a cancellar non basta,
Così piccioli son, che nulla tolga
423Che degna degli Dei viviam la vita.
     Cotal sostanza adunque il corpo tutto
Occupa e il custodisce e gli dà vita:
426Poichè in guisa tra loro anima e corpo
Le comuni radici intrecciate hanno,
Che sveller non le puoi senza la morte.
429Come agevol non è, senza che tutta
Se ne distrugga l’intima sostanza,
Da’ grani de l’incenso estrar l’odore,
432Così facil non è strappar dal corpo
La natura de l’alma e de la mente,
Senza ch’entrambe si dissolvan tutte.
435Fatte così, fin da l’origin prima,
D’implicati principj, hanno comune
Il destin de la vita, e non può l’una
438Senza la forza ed il poter de l’altra,
Sentir da sè, ma, cospirando i moti,
Per le viscere in noi s’accende il senso.
441Solo, oltre ciò, giammai non nasce il corpo,
Giammai solo non cresce, e non si vede
Che durare egli possa oltre la morte.