Floride plaghe agiterà la vita,
Divinamente sorridendo a’ novi
Idoli de le cose, che leggiadri
Palpiti e liete primavere avranno.
Con sagace pensier queste vedevi
Su le forme vitali albe e tramonti;
E se a l’accorto investigar maestri,
Abborriti dal vulgo, eranti i saggi
D’Acraganto, d’Abdera e di Gargetto,
È tua l’alma ribelle, è tua la possa,
Che in granitici carmi il vero incide.
Quinci dal cheto epicureo giardino,
Come addiceasi a la mavorzia prole,
Sorse in armi il pensiero, a cui d’inciampo
Non furono qual pria mostri e fantasmi;
Chè, l’uraniche mura anzi disfatte,
Per l’immenso universo Iside apparve.
Ma poi che da la bocca aurea di Plato,
Simili a canto di fatal sirena,
Tanti fioccâr divinamente stolti
Filosofemi, e da la croce oscura
D’un ingenuo mortal piovve cotanto
Sovra la bella vita ibrido sdegno,
Sbucò fuor da le infami are Sofia,
Non colei che il pensier guida e rischiara,
Acerrima virago, e con gagliarda
Mano discopre a la Natura il seno,