12Mi dài paterni insegnamenti; e come
Tutti libano l’api i fior de’ boschi,
Tutti così da le tue carte, o illustre, 15Gli aurei detti io delibo aurei e ben degni
D’una vita immortal. Però che a pena
Sòrta dal tuo divin genio comincia 18La tua dottrina a proclamar le occulte
Leggi de la Natura, in fuga volgono
Dal petto uman le credule paure, 21I confini del ciel cadono, e tutte
Pel gran vano vegg’io farsi le cose.
La maestà de’ Numi ecco e le quiete 24Sedi, cui nè giammai scotono i venti,
Nè mai di piogge spargono le nubi,
Nè vïolar co’ suoi candidi fiocchi, 27Densi d’acre rigore, osa la neve;
Ma un purissimo sempre aere le copre,
E d’un lume diffuso ampie sorridono: 30Tutto poi la Natura offre agli Dei,
Nè cosa v’è che possa in tempo alcuno
Libar de le serene alme la pace. 33Ma per contro in nessun adito appaiono
I templi Acherontèi, nè già la terra
S’oppone al guardo, perchè tutte io scopra 36Generarsi pe ’l vano ampio le cose
Sotto a’ miei piedi: a tal aspetto come
Una divina voluttà m’invade