Sorger si vede in ammirabil guisa
Di Titano svegliato il Colosseo:
Entrano per li rotti aditi i raggi
Del crescente mattino, e vasta intorno
Piena di sacro orror l’ombra si getta,
Così da l’opra d’ambidue congiunta
Ampia luce ebbe alfin l’aureo volume,
Non tale ancor, che come in terso specchio
Il tuo fiero pensier tutto fiammeggi
Simile a Sol meridïan, ma quale
Di foreste e di nebbie incoronata
La gran mole de l’Etna ampia s’estolle,
E con torridi massi il ciel disfida.
Salve, o divo intelletto! O che tra’ cupi
Dedalei giri del pensier t’avvolgi
Sillogizzando arcane leggi, o irato
Contr’esso i mostri acherontei prorompi
Con terribile scherno, o dal tranquillo
Tempio de’ saggi, ove seren ti assidi,
Su l’uman gregge ambizioso, il guardo
Gitti commiserando, o che a l’aspetto
De la bella Natura ebbro ti esalti,
E ne’ lavacri suoi l’animo innovi,
Salve, o divo intelletto, a cui la Musa,
Più che molli sorrisi e vezzi e fiori,
(A Maron li serbava) armi concesse!
Tu nel mar de l’immenso essere a volo