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prove solenni ne’ tempi che precedettero la rivoluzione ed in seguito, Daniele Manin aveva in sè tutto che più piace ai popoli di rinvenire nel cittadino che dee governarli. Una sola cosa spiacevole in lui trovavano i buoni, eia fu questa; nella scelta delle persone di governo ei non possedeva quel tatto conveniente all’alta sua posizione, e di frequente vedovasi qualche suo famigliare, od altri che arditamente o destramente se gl’insinuasse nell’anima, assunto a pubblici e delicati uffici. Ei s’ebbe eziandio il torto — cui la difficoltà de’casi non dava scusa — d’imporre sovente al paese uomini non accetti, di triste ingegno e di dubbia fede; e di servirsi della propria influenza per mantenerli ne’ posti eminenti e di grande importanza. Quel nobile e virtuoso cittadino più volte misurò il cuor suo coll’altrui, e pari gli parvero. E s’ingannò. I fatti avvenuti dopo la capitolazione di Venezia chiaramente mostrarono che i buoni non si apponevano al vero, dubitando degli eletti da lui. A due tra questi — perchè più dannosi e impudenti — io vo’ dare brutta ed infausta ricordanza. Giovanni Battista Cavedalis, vecchio militare italiano, quegli che vie meglio coll’arte fortificò lo scoglio di Osoppo, uom doppio che sotto le apparenze del patriotismo serviva alle ingorde mire dell’Austria, lieto della intera fiducia del Manin, venne nell’assemblea del di tredici agosto associato da lui—malgrado il contrario voto della popolazione—al triumvirato supremo per la direzione delle cose di guerra. Ei si mostrò renitente ad assumere un potere, in cui ogni ordine debb’essere obbedito con modi pronti, precisi e segreti; alla fine, stretto dalle vive preghiere dell’amico, accettò lo incarico, dicendosi capace ed eguale alla gravità del momento; pur temere di non essere assecondato dal paese nelle disposizioni che la sua capacità eguale alla gravità dei tempi avrebbe trovato di emettere. Cotesto tristo ora trovasi nel Veneto; non solo senza persecuzioni; ma, onorato e bene accolto dalle viennesi autorità! Niccolò Renzovich — che il Manin fece direttore esclusivo delle cose di ordine pubblico — anch’egli, nella carcerazione, nell’esiglio, nella morte dei buoni si rimane attualmente libero in Venezia, e dai novelli padroni riceve incarichi, distinzioni, i loro balli frequenta gradito, e le loro feste. Gli atti nuovi del Cavedalis e del Renzovich portano con sè il documento della loro fede. Vivano pure come vogliono queili spregevoli uomini! I disordini della coscienza verranno quando che sia, a turbare i brevi istanti del male augurato contento che sì gli sedusse. La coscienza è giudice continuo, inesorabile, presente delle umane azioni, oltre la storia.

Falli furon questi e non colpe. Il nome di Daniele Manin è nome caro alla Italia; avvegnachè egli sia inseparabile dalla rivoluzione e dalla eroica resistenza di Venezia. Onde, l’onore che questa acquistossi debbe riflettere necessariamente su di lui che di tutte forze la commise e la procacciò.

Niccolò Tommaseo — conosciuto pe’ suoi studi letterari e di pubblico educamelo — slavo di origine, italiano di adozione, è un uomo di austeri costumi, di teorie filosofiche inflessibili ch’ei mena sino alla utopia la più arrischiata, di freddo e duro aspetto, di religione severa. Caldo amatore d’Italia, di cui s’invaghì studiandone indefessamente in Firenze la lingua, le antiche glorie, i supremi dolori,