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acuto giureconsulto, eloquente ed ornato nella parola, esimio scrittore e fornito di buone viste nella trattazione degli affari amministrativi, sosteneva colle proprie fatiche la sua famigliuola da lui di tutte viscere amata. Pallido di viso, di salute mal ferma — poiché travagliato spesso da malattie di cui sopporta le noie con coraggio e rassegnazione grande — accettava il novello incarico come un dovere; ed onesto e disinteressato, non volle per esso stipendio alcuno, nè in altro modo profittò mai del pubblico erario. Onde, povero entrava nella rivoluzione e povero ne usciva. E se nel partir di Venezia per la straniero colla moglie e co’ figli ei s’ebbe con che provvedere allo scampo suo e di vite sì care, fu il Municipio della forte città, il quale volle accettasse il sussidio che gli offeriva in mille napoleoni d’oro. Nello esercizio delle sue funzioni politiche, penetrando l’andamento delle cose e studiando i fomenti e i motivi delle perturbazioni, il vario umore delle moltitodini e le celate molle governative, molti meriti furono i suoi; fra i quali quello di aver iniziato i moti civili nel loco natio, e l’altro di aver saputo ottenere e conservare grande influenza sul popolo; dappoiché, in mezzo a’ conflitti confusi delle concitate passioni ei si sentì capace di far rispettato il potere, di renderlo accetto all’universale e di rappresentarlo con tutta la dignità della ragione e della virtù. E siccome lo interesse e l’onore di Venezia richiedevano che questa resistesse all’ira saziata della fortuna finché in Europa rimanesse una benché menoma speranza di libertà, egli aggiunse a’ suoi meriti anche quello di tener sempre accesa la sacra fiamma dell’amor patrio e di lusingare l’aspettazione de’ veneti facoltosi per averne danaro e mezzi di difesa. E quando il governo ebbe bisogno di argento per battere monete—le quali, oltre l’uso de’ mercati, valessero a ricordare ai nepoti l’epoca del nostro affrancamento—egli scrìveva allo incaricato delle pubbliche finanze le brevi linee che seguono; «Cittadino ministro, offro la poca argenteria che posseggo — due guantiere, due caffettiere, dodici posate — affinchè se ne conii moneta per i bisogni della Repubblica». Dominato forse dall’ambizione—legittima in lui—di divenir per lo meno reggitore a vita del veneto governo, ne’ primordi della rivoluzione mostrassi lievemente municipale; e non bene apprezzando lo stato delle cose, e troppo facilmente credendo allo sfascio dell’austriaca monarchia, per conseguenza alla facilità di esautorarla in Italia — errore comune in que’giomi a molti politici — anche pria che scoppiasse la insurrezione dell’Ungheria, trascurò in tempo opportuno lo allestimento di molti mezzi di offesa e di difesa. Più saggio ed animosa partito a lui convenivasi. Pur, mai mostrò di separar la sua causa da quella della nazione, la quale amava ed ama del più sentito amore, e desiderava rendere indipendente, prosperosa, temuta.

Di media statura; snello della persona; gentile di aspetto, quantunque concentrato spesso in se medesimo; fornito di voce netta, persuasiva, insinuante, e di molta vivacità negli sguardi, di cui, malgrado gli occhiali, si nota la vibrazione e la sicurezza; famigliare ne’ modi e propenso allo scherzo; aspro solo ed impaziente quando irritato od assorto in gravi pensieri; umile e disinvolto nella nuova potenza; tenace ne’ tolti proponimenti; pieno di civile coraggio di cui dava