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perversi — ebbero dai Plebiscito nazionale la intimazione di sgomberare della tenebrosa loro presenza la sede dello italico rinascimento. Gli alleati dello straniero partirono alla spicciolata e di notte, e i nemici della loro setta provvidero acciò la popolare sentenza venisse eseguita senza scandali e senza offesa alla religione, di cui queglino immerìtamente si diceano ministri. I gesuiti di Napoli quattro dì innanzi avevano lasciate le loro case tra le maladizioni del popolo, il quale volle minutamente accertarsi che nulla portassero via dai locali poco stante abitati. Così, i figliuoli della morte — che sì a torto diconsi di Gesù che è via, verità e vita — andarono in bando da tutta Italia, seguiti dalia mestizia di pochi devoti od ipocriti, dalla contentezza di ogni onesto cittadino e dallo sdegno di milioni d’uomini che da essi ripetevano i mali dei patiti governi.

L’annunzio della rivoluzione di Parigi risvegliava per intanto lo entusiasmo delle popolazioni germaniche. Dimostrazioni imponenti e minacciose accaddero in Baden, ove si ottennero libertà di stampa, guardia nazionale e la istituzione dei giurati. Il re di Wurtemberga dovette abolir la censura. Il duca di Nassau fu costretto a promulgare uno Statuto assai liberale. E in Francoforte, in Vormazia, in Magonza, in Monaco, in Dresda, in Berlino fu tale l’agitazione, che i principi vennero forzati a conformarsi ai desiderii e ai bisogni de’ loro soggetti.

Re Carlo-Alberto passava una rivista di truppe, quando gli giunse il dispaccio del Brignole-Sale che a lui narrava gli avvenimenti di Francia. È fama, impallidisse, e dicesse al vicino ministro: «Lo abbiamo dato in tempo lo Statuto!». Incontanente accordò alle due Camere la facoltà di riformare la Costituzione in quelle parti che più sembrassero difettose; emancipò gl’israeliti e i valdesi; ordinò campi di osservazione sulle frontiere; promulgò un’amnistia generale.

Il solo consiglio aulico di Vienna rimase fedele alle sue tradizioni d’immutabilità, e fece noto all’Europa «che il cambiamento di governo verificatosi in Francia era considerato da S. M. l’imperatore come d’interesse interno di quel paese; ma, però intendeva tutelare i suoi sacri diritti e non ridurre il suo impero benedetto da Dio ad uno stato di perturbazione che lo renderebbe facile preda agli attacchi d’ogni nemico». Il principe di Metternich dettava in mal punto quelle arrischiate parole; chè, le forze dell’assolutismo declinavano ad ogni istante. Sui canti della capitale erano scritte col carbone le seguenti minacce: «Viva Pio IX! Vogliam le Riforme! Vaterland! freiheit!— patria! libertà! — Viva la Costituzione! » A’ dì dodici marzo, meglio di mille studenti italiani, ungheresi, tedeschi e slavi, convenivano nella Università per sottoscrivere una petizione diretta all’imperatore, onde avere libertà di stampa e di studi, con molte scolastiche e politiche novità. Alcuni professori s’interposero, promettendo farsi interpreti di que’ voti all’autorità superiore, e l’indomani, a mezzodì, la risposta. La scolaresca appagata si sciolse, gridando «Evviva Pio IX!». L’indomani, gli studenti certi delle ingannevoli lusinghe del giorno innanzi, accompagnati da un numero grande di persone, si presentarono al palazzo degli Stati, e ad una voce chiesero la Costituzione, la libertà di stampa e di culto, la libera trattazione degli affari, il cambiamento