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fin qui. L’ordinamento d’Italia, tutto di concordia e di pace, erasi operato in modo maraviglioso e senza istorico esempio. Gl’indovini politici, riguardando partitamente il pensiero, le forze, i travagli della migliorata ragione ne’ popoli peninsulari, potevano veder con chiarezza la meta fortunata, ove gradatamente le Riforme ci avrebbero guidato. La ostinatezza ne’ rifiuti di re Ferdinando, le crudeli tristizie del suo governo avevano fatto insorgere un elemento nuovo e contrario a quello attuato, imperciocchè, il sangue sparso, aguzzando le pubbliche voglie, richiese arditamente un premio e se l’ebbe. E i Calcanti videro annebbiarsi il loro fatidico avvenire e disperarono degli eventi. Una tal mutazione soddisfaceva alle moltitudini e in particolar modo a quelle soggette ancora allo austriaco dominio. Ma, potevam noi forzare i principi a romper guerra collo straniero?.. Le province siciliane avevano un’esercito ostile alle popolazioni e devoto al Borbone; la Toscana e Roma cominciavano a sentir per la prima volta la somma necessità di formarlo; il Piemonte parea pronto a battaglia ed esagerata fiducia nudrivasi sulle sue schiere. — Potevano i popoli fare da sè? .. Gl’Italiani non vi erano punto educati; chè alla unità discordavano le municipali barriere; le opinioni sorgenti e svariate; la mancanza di capi, di armi, di danaro; la mentale grettezza ne’ due volghi, il nobile ed il plebeo; la diversità dei dialetti, de’ costumi, delle leggi subite, de’ soprastanti padroni. Talun vagheggiava di operoso amore un così nobile pensamento, e molti diedero il loro sangue per fecondarlo. Ma, il tempo unito alla istruzione e allo sforzo degli uomini potrà solo farcene lieti.

Le siciliane emergenze avacciavano adunque il moto progressivo dell’italiano rinnovamento. Pari ad elettrica scintilla corsero la Italia e la Europa, e quanto incendio vi producessero dirò nel libro che segue.