Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
26 |
di Talleyrand scrivere il seguente epigramma io fondo d’una pagina del Trattato:
«Et le Prince de Monaco rentrera dans ses États.»
I rappresentanti delle grandi potenze risero di quella strana ristorazione; i nostri confratelli di patria ne piansero a calde lacrime; imperciocchè ognuno di essi dovette pagare mediante esagerate tasse la somma annuale di cinquanta franchi ad un uomo che gli spendeva alla distanza di dugencinquanta leghe nella terra straniera. Questi istituì a suo ministro un tale Chappon, di nazione francese, ch’entrò povero in Mentone e ne esciva ricchissimo d’oro e di maladizioni. Innumerevoli i balzelli, odiosi e persino ridicoli. Basti il dire che il panattiere dei sudditi era il principe; e perciò a suo conto si comperavano per forza, a vil prezzo tutte le granaglie dello Stato, si macinavano le cattive, si vendevano all’estero le buone, se ne introducevano di qualità malsana che avevano sofferto avaria, e perciò proscritte di Genova e di Marsiglia dalla pulizia municipale, e di queste fabbricava pane obbligatorio pel pubblico. Ciascun rivendugliolo della derrata principesca doveva avere in un registro la quantità di pane consumata in ogni settimana dalle famiglie, e in margine il numero delle persone che le componevano. Al rapporto succedevano i processi, le ammende, le confische, la carcere, perchè si supponeva che la famiglia che mangiasse minor pane del solito, frodasse alla legge. E affinchè nessuno potesse esimersi dal dazio sulle carni, dal Grimaldi veniva instituito uno stato civile de’ bestiami, in cui si notavano le nascite, il sesso e le morti accidentali degli erbivori, con verificazione del veterinario di corte quando avvenissero. Gli atti di nascita e di morte erano rilasciati dal ricevitor generale sur un foglio bollato del costo di venticinque centesimi. L’avaro principe giunse persino a metter la mano sul prodotto delle limosine date in chiesa pei poveri e per le spese di mantenimento del culto.
Il congresso de’ santi-alleati sentenziò la partizione della Italia per politici rancori, per commiserazione verso le spossedute famiglie, per raggiro di corti, per brutta necessità di dettato. Gli abitanti delle sue province furono considerati mandre e non uomini; e se qualche diritto venne loro impartito, ciò apparve dono di regale clemenza. Ma i cosi detti doni solennemente giurati non vennero mai posti in pratica dagl'interessati principi; i quali, esautorandone i loro soggetti, gli dissero non anche maturi a migliori destini. Per la opposta parte, i chiari uomini di quei tempi e i generosi, culti della mente e del cuore che lor succedettero, nelle politiche sette, ne’ rivolgimenti più o meno felici protestarono continuo contro la dura sentenza. E nel vero; la società italiana, schiarata in sullo scorcio del passato secolo da un fuggevole lampo di libertà, riscossa dal genio de’ suoi riformatori, abituata quindi da Napoleone a governo dispotico ma civile, sentiva il bisogno della continuazione di un tal reggimento, il quale avrebbe gradatamente addottrinata la coscienza del popolo e in lui disciplinate le libere volontà.
Non si mutano gli Stati a miracolo; e le fantasie della prepotenza, poi che dome, sbrigliano potentemente le fantasie individuali che agiscono sullo intelletto cieco del popolo ove si faccia balenare a’ suoi occhi il prestigio delle cittadine