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apparenze; tra le opinioni in pria variamente sentite. Imperciocché, fin dal novembre del 47, poi che Pio IX s’infìnse l'uom di Dio e dà popoli, Carlo Alberto sanzionava un codice di procedura penale, ammettendo la pubblicità dei dibattimenti, ed aboliva parecchie giurisdizioni eccezionali, creando un Magistrato di cassazione, dichiarato prima magistratura del Regno dopo il consiglio di Stato. Determinava le attribuzioni della polizia, indicando il modo con cui la debba procedere, allorché s’abbiano a sciogliere gli assembramenti di popolo, pericolosi all’ordine ed alla tranquillità del paese. Riformava l’amministrazione comunale e provinciale. Stabiliva che i registri dello stato civile fossero tenuti dall’autorità municipale indipendentemente da quelli che, per riguardo religioso, sarebbero stati redatti dai parrochi. Provvedeva alla libertà della stampa e delle discussioni d’interesse generale. Concedeva che i consigli e i congressi di circondario eleggessero i loro presidenti; e decretando che i consiglieri di Stato straordinarii portati al numero di due per ogni circondario — sarebbero da lui prescelti fra i membri dei congressi, prometteva che quindi innanzi questi verrebbero convocati una volta almeno in ciascun anno in una dieta generale. Aboliva finalmente ogni distinzione di classe nelle amministrazioni governative, fondeva gl'interessi dell’isola di Sardegna con quelli degli Stati continentali, e chiamava le provile enti morali diretti dai rispettivi consigli, in qualità di corpi permanenti e deliberanti.

Se le Riforme dispiacquero ai vecchi nobili esautorati dalle prische franchezze dei mezzi tempi — gente noiosa e ridicola tanto in livrea di corte che in militare divisa — furono acclamate a cielo da ognuno e fecero volgere gli occhi di tutti gl'italiani verso il Piemonte; la cui dinastia, fattasi nostrana per nove secoli di dominio tranquillo, virile e morale, poneva nella bilancia delle patrie speranze la spada, siccome la gentile Toscana vi aveva offerto la cultura nelle arti e l’alma Roma la parola moderatrice e la memoria de'grandi fatti.

La nostra penisola — paese delle maraviglie e museo di tutte vecchie rimembranze — serbava a' dì nostri illeso sur un monte l’antico delubro delle libertà comunali e sur uno scoglio del Mediterraneo mostrava un castello in ruine, ove pur si annidava fa tirannia la più cieca. — E la repubblica di San Marino, che già da due anni aveva commesso al senno del giureconsulto napoletano, P. Stanislao Mancini, un nuovo codice legislativo e dalle alte vette del Titano osservava il pacifico nostro avviamento verso le civili franchigie, tentò anch'essa modificare la sua inveterata costituzione collo stabilire una Camera di deputati eletti dal popolo per un tempo determinato ed annullare quel corpo di funzionari; i quali sedenti a vita nominavansi di per sè stessi. — E i sei mila abitanti nel principato di Monaco, stanchi di ’più alimentare in Parigi l’altezza serenissima di Florestano I de’ Grimaldi con 320,000 franchi d’imposte a loro carico, si sollevarono, esprimendo il voto unanime di voler leggi ed istituzioni in vigore negli Stati Sardi. In miglior luogo dirò della loro unione ai popoli del Piemonte. Qui fa d’uopo accennare il loro lungo martirio che ha capo dal giorno, in cui — sedente in Parigi il congresso della santa-alleanza — piacque al signor