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chiedevano patto costituzionale con leggi adattate agli nomini ed ai tempi; e, niegandovisi il re, toglievano a loro capo il principe allóra ventitreenne. Il quale, fiducioso nelle parole bollenti di quegl’inesperti, che stimavamo lo esercito ed il popolo profili a seguirli, se contrastati, sui campi delle libere battaglie e non mirando che alla magnanima impresa del riscatto d’Italia, cedette all’altrui entusiasmo ed al proprio. Ma, deluso indi a poco nelle sue aspettative e punto dal rimorso per la ingratitudine mostrata a que’del suo nome, rinunciò all’ardua missione e s’ebbe titolo brutto di traditore. Il fatto è ch’egli sdegnò l’aureola del martire e una nobile caduta per placare lo sdegno dei gabinetti assoluti di Europa che il volevano ritolto dalla successione al trono di Sardegna; e per me’ ingrazionirseli, mosse alla volta di Spagna, ove, soldato volontario nelle schiere francesi, combatteva da valoroso contro que’ Costituzionali che nell’animo suo eran pur complici della idea per lui tuttor careggiata. A qualche fedele, cui negli ultimi tempi narrava quel triste episodio deila sua giovanezza, diceva:
«In tal circostanza io sacrificai me stesso, i miei principii, persino la mia riputazione, alla fortuna del Piemonte e della Patria. Se non fossi stato co’ granatieri di Francia nel Trocadero — ciò che gl’ignari mi han rinfacciato si spesso — le potenze collegate del Nord avrebbero dato a successore di re Carlo-Felice l’austriaco Francesco IV, di Modena, come colui che si aveva a consorte la figliuola di Vittorio-Emanuele. Ed allora, quale l’avvenire della nostra nazionalità nella penisola già tutta tedesca?.»
Iddio che legge nel profondo delle anime può sol giudicare la misteriosa condotta dell’esule battagliero. Certo, i dolori su cui per anni molti ei vegliò e il magnanimo tentativo che imprese con tutta consapevolezza di sacrificio, debbono ne’ petti italiani acquétte la memoria dell’antica offesa!
Alto ed avvenente della persona, gentil cavaliero, nella spensieratezza delle corti trovò compiacimento in quelle labili felicità che la tarda esperienza rammenta solo con un freddo sorrisò, ocon acuto rammarico. Amator passionato del bello, spese in opere d’arte il feuo patrimonio. E venuto il tempo in cui un principe debbe darsi a vita più riflettuta e tranquilla, menava in moglie Maria-Teresa, di Toscana, buona, pia, caritatevole donna che a lui dava contentamento di forte prole.
Divenuto re e rivestito l’abito dell’uomo nuovo, davasi a severi studi, a pratiche di religiosa pietà. Promulgò leggi di civile sapienza; favorì le industrie; dilatò i commerci; promosse ospizi di cristiana carità; i rei in nuove carceri volle educati più che puniti; abolì e riscattòi feudi nell’isola di Sardegna; protesse di proprio le arti, le scienze, le lettere; incoraggiò i congressi dello scibile italiano e gli agrarii del suo paese aiutò; abbellì di monumenti ed ampliò la capitale del regno, e quella e questo volle fossero eguali in pregio agli altri Stati d’Italia. Riordinò lo esercito, non però come avrebbe dovuto fare per averlo forte, istrutto, disciplinato; pose economia nèlle finanze; e governò or con giustizia, or con asprezza i popoli al suo poter sottomessi.
La operosità richiesta da tante e sì svariate cure gli fece cangio il carattere o, di brioso che era, si palesò solitario, melanconico, riserbato ed austero. Gli