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la donna e il lavoro 89


sempre di gran lunga inferiore. Invero ciò è molto discutibile. Abbiamo avuto donne letterate, scienziate, artiste pari alla media della più alta intellettualità maschile.

Il genio femmina non è ancor nato, è vero. E questo è il grande argomento.

Noi intanto non sappiamo che cosa sia il genio.

Se ne sono date le più svariate definizioni fino ad accomunarlo con le degenerazioni della delinquenza; ma una cosa mi sembra che si possa affermare: questa, che il genio è la manifestazione di individualità possente. Ora la donna si è mai trovata, attraverso i tempi, in condizioni di poter sviluppare in sè una individualità possente? Il concetto di personalità, originalità può andar disgiunto da quello di libertà, di indipendenza intellettuale? Se noi esaminiamo le condizioni in cui la donna ha sempre vissuto, ci accorgeremo che tutto concorreva invece ad annullare in lei la personalità. L’educazione che riceveva fin dall’infanzia e che le faceva un dovere di piegarsi, di rinunziare, di ubbidire, anche avendo ragione, per il solo fatto di essere donna: la necessità di avvincere a sè l’uomo che presentava l’unica speranza di un vita più larga, la sola sicurezza economica, la preoccupazione, non riuscendo nell’in­tento, di vedersi votata alla miseria, alla solitudine e quel che è peggio al ridicolo: tutto contribuiva al suo annientamento.

E una volta raggiunta la meta col matrimonio, quale era, quale è tuttavia la sua situazione?

Nella famiglia l’uomo si trova in una condizione di privilegio di cui non abusa quando è buono ed onesto: ma basta anche la sola cognizione di questo squilibrio di prerogative nell’unione fra due esseri, per inquinarla. Citerò un aneddoto, che per essere capitato a me e perchè